venerdì, 29 Marzo 2024

Raccontare la storia del
periodo pre e post-unitario italiano guardandola da un altro punto di vista,
quello dei briganti: è questo il senso del progetto “Zarafina. Bianca come la
libertà” che il 30 dicembre – i biglietti sono già disponibili presso Artelier,
in via San Biagio 25 – alle 20,30 andrà in scena a Casa Cava a Matera.
La narrazione, tutta al
femminile, mette in evidenza le ragioni che hanno spinto un popolo disperato e
oppresso a darsi alla macchia e a creare quel fenomeno passato alla storia come
brigantaggio.
In “Zarafina”, la storia
della donna combattente è raccontata da due attrici, una lucana (la materana
Carla Latorre) e una veneta (Valeria Vicentini), che si confrontano nella sala
del tribunale incarnando i due punti di vista, quello meridionale e quello
settentrionale, quello dei vinti e quello dei vincitori, due descrizioni opposte
e spesso inconciliabili di quella guerra civile che fu chiamata Risorgimento
Italiano.
La drammaturgia è di
Carla Latorre, la regia di Valeria Vicentini, le musiche di Gionata Carollo e i
costumi di Federica Gamba.
La Latorre, classe ’85,
ha intrapreso il suo percorso di formazione teatrale a Bologna.
Nel 2012 ha intrapreso
gli studi di recitazione presso la Scuola del Teatro del Navile, diretta da
Nino Campisi, dove si è diplomata nel 2014. Per la regia di Nino Campisi ha
preso parte allo spettacolo di diploma “Ricorda con rabbia” di John Osborne
oltre a varie rappresentazioni durante il corso di studi.
A marzo 2018 vince con lo
spettacolo “Yin&Yang” di Francesco Sciannarella della Compagnia Tutto
Esaurito il primo premio della rassegna “Ritagliatti” organizzata dalla Uilt
Basilicata.
A dicembre 2018 vince il
premio Lysistrata partecipando alla rassegna “Laccio rosso – stop al
femminicidio” al Teatro Antigone di Roma, con il monologo “Il Silenzio” di
Francesco Sciannarella.
A novembre 2018 fonda con
Gianrocco Bruno l’associazione di promozione sociale Gutta, per produrre e
promuovere cultura.
Valeria Vicentini, classe 1981, è nata a
Thiene (VI), vive a Bologna dove si è laureata in Discipline
dell’Arte della Musica e dello Spettacolo con una tesi sul Teatro contemporaneo
cinese. Nel 2010 ha seguito un master in Organizzazione ed Economia dello
Spettacolo presso l’Università di Bologna e ha svolto lo stage presso la
compagnia Le Belle Bandiere.
Dal 2007 ha partecipato a
diversi laboratori per attori diretti da Daniele Bergonzi, diplomato in regia
teatrale alla Scuola Civica d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di
Milano. Dal 2010 al 2011, ha seguito presso il Teatro Ridotto di Bologna il
training per attori “Il Filo dei venti” tenuto da Lina della Rocca, allieva del
danese Odin Teatret. Dal 2013 presso il Centro di Ricerca Formazione Teatrale
Laboratorio 41 di Bologna, studia espressività vocale con Francesca Valente ed
improvvisazione corale con Stefano Campetta. Dal 2014 ha iniziato un percorso
di formazione con Barbara Bonriposi, diplomata in recitazione alla Scuola
Civica d’Arte Drammatica “Paolo Grassi” di Milano e trainer fisica, presso
la Scuola d’Azione La Ruche (Gubbio).
Carla
Latorre, come è nato il progetto “Zarafina. Bianca come la libertà?
“Dopo anni fuori sede,
nel continuo confronto con quel famoso Nord che tanto ci attrae e al contempo
ci respinge, ho sentito l’impellente esigenza di placare il mio animo da
“emigrata” che richiedeva di conoscere la “verità” della mia storia,
approfondire la conoscenza della terra in cui risiedono le mie radici. In
questa ricerca ho trovato un punto critico nel periodo pre e post-unitario che
ha dato vita al divario tra Nord e Sud. Da qui sono partita per raccontare dei
fatti storici da un altro punto di vista: quello dei briganti, protagonisti
indiscussi di questo periodo nel Mezzogiorno, soprattutto in Basilicata. Il
progetto di Zarafina nasce per dare voce a questa ricerca”.
“Zarafina”
è la storia di una donna combattente, la narrazione è tutta al femminile.
Quanto sei coinvolta in un’interpretazione così singolare?
“Mi sento completamente
coinvolta nell’interpretare la figura di Zarafina, Serafina Ciminelli: una
donna forte che ha lottato con tutto il suo ardore per difendere la sua libertà
e l’indipendenza della sua terra. Ho fortemente voluto una narrazione al
femminile per riscattare la figura di queste donne, brigantesse e non “drude”
come negativamente soprannominate, il cui valore e la cui forza sono stati pari
a quelle dei loro fratelli, compagni o figli. Una lotta per affermare la
dignità femminile, ben diversa dall’effimera parità dei sessi, che purtroppo
non trova tregua ed è ancora oggi dannatamente attuale”.
 Hai
da poco vinto il premio Lysistrata partecipando alla rassegna “Laccio rosso –
stop al femminicidio” interpretando il monologo “Il silenzio” di Francesco
Sciannarella. Che significato assume per te questo riconoscimento?
“È un riconoscimento
importante sia per la tematica affrontata che per il mio percorso artistico.
Il teatro, come portavoce
di battaglie morali che non possiamo ignorare, si è confermato ancora una volta
strumento vincente per comunicare un messaggio (in questo caso il NO alla
violenza sulle donne) e il premio ci riconosce di averlo fatto nel miglior modo
possibile.
Per il mio percorso
artistico è un importante traguardo e al contempo una nuova opportunità che mi
darà la possibilità di calcare nuovamente il palcoscenico di un teatro romano.
Il premio Lysistrata mi dà, infatti, la possibilità di tornare nella Capitale
con uno spettacolo più ampio che prende vita dal monologo “Il Silenzio”, con
cui l’autore Francesco Sciannarella è già alle prese.
Questo riconoscimento,
quindi, potrà permetterci di raggiunger un pubblico più ampio per comunicare il
nostro forte messaggio”.
Quest’anno
hai anche debuttato al cinema nel docufilm “L’oro di Matera”. Preferisci recitare
in teatro o davanti alle telecamere?
“Il docufilm è stata
un’esperienza nuova e molto interessante che mi ha permesso di esplorare un
diverso modo di comunicare. Difficile paragonarla al teatro, che dà la
possibilità di uno scambio diretto con il pubblico, rendendo quell’attimo unico
e non replicabile. Amo la recitazione perché rende l’attore veicolo di un
messaggio e non protagonista. Quale sia la giusta via per farlo è il messaggio
stesso a scegliere”.
Puoi
svelarci qualcosa in più sull’associazione di promozione sociale Gutta?
“Gutta è una realtà di
produzione e promozione culturale che nasce dall’esigenza di dare forma e voce
alle esperienze e competenze maturate in contesti artistici diversi dei due
soci fondatori: Gianrocco Bruno, appassionato di musica ed esperto di
programmazione midi e fonia, che vanta collaborazioni con le maggiori
produzioni musico/teatrali italiane, e Carla Latorre ( J ), appassionata
di recitazione con all’attivo numerose collaborazioni con importanti realtà
italiane.
Gutta, come la goccia che
con perseveranza, ma delicatamente, scava e penetra la roccia, mira ad
affermarsi sul territorio creando sinergie con le realtà esistenti che
condividano questa passione”.
Rossella
Montemurro

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