giovedì, 25 Aprile 2024

“Il problema è che non so cosa mi stia succedendo e non sono più in grado di raccontare né di raccontarmi niente. Per vivere c’è bisogno di una storia, io non ne ho più. La mia vita si è ridotta a un continuo andirivieni tra il letto, dove macero in un sudore malsano, e il Rallye, dove passo ore a fumare una sigaretta dopo l’altra, inebetito, sotto lo sguardo preoccupato della gentile cameriera cinese, quella che per farmi piacere mi aveva detto che Yoga per bipolari era un buon titolo. Ancora oggi non posso passare lì davanti senza un fremito di paura. Per quasi due mesi mi sono a stento lavato e cambiato. Lo scarico della vasca da bagno si è otturato e io non ho fatto niente per porvi rimedio, a stento mi sono levato di dosso, per dormire, la mia divisa da depresso: un informe pantalone di velluto a coste, un vecchio pullover pieno di buchi e un paio di scarpe da ginnastica a cui ho tolto i lacci come se mettessi già in atto le precauzioni che presto mi avrebbero imposto all’ospedale psichiatrico. Non smetto di tremare, gli oggetti mi cadono di mano.”

Un ricovero in clinica, farmaci a profusione, quattordici sedute di elettroshock per uscire da quello che era stato diagnosticato come “disturbo bipolare di tipo II”: Emmanuel Carrère (foto in copertina Leonardo Cendamo) con Yoga (Adelphi, traduzione di Lorenza Di Lella e Francesca Scala), uscito da poco in Italia ma che in Francia sta facendo parlare da mesi, si è messo a nudo.

Yoga avrebbe dovuto essere un libro sulle discipline – lo yoga, la meditazione, il tai chi – di cui l’autore è da anni un cultore e in effetti i primi capitoli sono tutti dedicati ai benefici e ai molteplici aspetti di queste pratiche. Con un tono tutto sommato leggero e arricchito da numerose citazioni, Carrère racconta di un seminario di meditazione Vipassana  a cui ha partecipato e delle regole ferree alle quali doveva sottostare. Un seminario che non era consentito abbandonare ma che lui abbandona senza esitazioni dopo aver appreso la morte di un amico nell’attentato a Charlie Hebdo. La narrazione è intervallata  da  vicende che hanno caratterizzato la sua vita – tra queste una insolita e intensa relazione erotica – fino ad arrivare al dramma della depressione che, per l’ennesima volta, ha fatto irruzione nella sua quotidianità stravolgendola.

Pensava di averli sconfitti definitivamente i suoi demoni, di aver raggiunto “uno stato di meraviglia e serenità” ma gli sono piombati addosso senza pietà. Sono stati necessari quattro mesi infernali al Sainte-Anne, l’ospedale psichiatrico di Parigi, per togliersi di dosso quel fardello che non gli permetteva più di vivere.

La prosa di Emmanuel Carrère è coinvolgente, sembra che a raccontare sia un amico e che, senza remore o imbarazzo, decida di confidarsi e non risparmia niente, accompagnandoci nelle tempeste che ha affrontato la sua psiche.

L’autofiction è il marchio di fabbrica di Carrère: in Yoga c’è anche una buona dose di narcisismo a rendere accattivante la lettura.

Rossella Montemurro

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