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“Un chilo alla volta. Viaggio di andata e ritorno nella prigione dell’obesità”: il coraggioso memoir della giornalista Irene Vella

“Il cibo come soluzione e risposta a tutti i miei problemi, a tutti i miei stati emotivi. Ero felice? Mangiavo. Ero triste? Mangiavo. All’inizio a tavola con gli altri, poi di nascosto, come in una relazione clandestina. Io ero la vittima lui il mio carnefice, perché quell’orgasmo durava pochi attimi, per poi sprofondare nel senso di colpa. Un loop quotidiano da cui era difficile uscire: era sempre il mio primo pensiero, appena sveglia. (…) Programmare la mia giornata in base ai pasti mi dava sicurezza, mi dava uno scopo. Solo che io non mangiavo per nutrirmi, io con il cibo mi stordivo. Il cibo era diventato la mia droga, la mia mission (…)”

Ha avuto davvero tanto coraggio la giornalista Irene Vella a decidere di pubblicare Un chilo alla volta. Viaggio di andata e ritorno nella prigione dell’obesità (Feltrinelli Urra). Ha messo nero su bianco, senza edulcorare nulla, la sua battaglia con un nemico che sembrava invincibile – quella con il cibo “anestetico naturale, un piacevole rivestimento che riesce a smussare gli angoli, sigillare le crepe e riempire i buchi dell’anima” – resa ancora più difficile dalla malattia del marito – un’insufficienza renale conclamata – al quale ha donato un rene più di vent’anni fa.

Il coraggio è stato anche nell’affrontare con schiettezza alcune tematiche: la mancata accettazione, da parte della società contemporanea, delle persone che, esteticamente, non corrispondono ai canoni di “perfezione”, o presunta tale, nei quali è la magrezza a fare da padrona. Chi ha una taglia che supera la 46 è fuori dagli standard. Lei stessa, come giornalista, è stata oggetto di body shaming da parte di qualche collega.

Altra questione, le modelle curvy orgogliose dei propri corpi: è davvero così, anche lontane da Instagram sono soddisfatte della propria forma fisica?, si chiede Irene – e lei stessa si ripeteva di essere curvy, fino a prendere coscienza di essere obesa. Le umiliazioni, la spirale delle diete mai risolutive, un rapporto distorto con il cibo: “Io lo sapevo: non ero il mio peso, ma lo sono stata a lungo. Io non ero curvy, ero grassa, eppure odiavo quella parola. Che in realtà, se uno si accetta, non fatica a riconoscerlo: dopo tutto, è la descrizione di un corpo, come esiste il magro, così il grasso. E allora perché io non volevo sentirmelo dire? Io non mangiavo per fame. Né mangiavo per noia. Mangiavo dolore. Volevo soffocare il pianto con il cibo. Volevo vincere la guerra e alla fine ho perso me stessa. E sono scesa all’inferno. L’inferno dell’obesità. Ma la fine non era la fine. Era l’inizio della mia seconda vita.”

Con addosso circa cinquanta chili in più, la salvezza Irene la trova nella chirurgia bariatrica: un passo, anche questo, coraggiosissimo e non privo di rischi. Un chilo alla volta è sì un memoir, a tratti devastante nella sua autenticità, ma anche una bella storia di rinascita, come scrive Giovanna Botteri nella prefazione: “Irene racconta con delicatezza come è riuscita a vincere gli stereotipi, rimanendo fedele a se stessa e alla sua idea di felicità, che è passata anche dal riappropriarsi del suo corpo”. 

L’autrice scrive da sempre, raccoglie emozioni e le trasforma in storie. Oggi è editorialista di punta del magazine femminile online più letto d’Italia, “DiLei”, dividendosi tra articoli e interviste in streaming nella sua rubrica.
Nel 2012 è inviata televisiva per il Cristina Parodi live a La7; da allora ha lavorato a lungo per tutte le reti nazionali, in programmi come VerissimoPomeriggio 5 e Mattino 5, e ha collaborato con le principali riviste femminili italiane (“TuStyle”, “Donna Moderna”, “Vanity Fair” e “Grazia”).
A marzo del 2020 pubblica su Facebook la sua poesia La primavera non lo sapeva, condivisa da Chiara Ferragni, diventata virale, tradotta in 22 lingue e ripresa da Oprah Winfrey.
Dopo aver risalito la spirale dell’obesità, oggi pratica kick boxing e va alla scoperta di nuovi dolci, autodefinendosi con ironia “la giornalista che sussurra alle pasticcerie e alla primavera”.

Rossella Montemurro

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