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“Tutto chiede salvezza” di Daniele Mencarelli: la sconvolgente forza emotiva di un romanzo autobiografico

“Da quando sono nato non ho fatto altro che portare disordine, un’esagerazione dietro l’altra, tutto un impulso da seguire, nel bene come nel male. Non so vivere in un altro modo, non riesco a sfuggire a questa ferocia: se c’è una vetta la devo raggiungere, se c’è un abisso lo devo toccare.”

È una storia autobiografica Tutto chiede salvezza (Mondadori): sono ripercorsi i sette giorni di trattamento sanitario obbligatorio a cui l’autore, Daniele Mencarelli, fu sottoposto nel 1994. Aveva 20 anni e da martedì 14 giugno a lunedì 20 giugno, in un caldo soffocante, visse un’esperienza emotivamente sconvolgente dopo un’escalation di rabbia che aveva fatto perdere i sensi al padre. Al risveglio si ritrovò nel reparto di Psichiatria, in uno stanzone con sei letti. Shock, incredulità e ancora rabbia: lui fece di tutto per convincere i medici a farsi dimettere, non era pazzo. Aveva solo una sensibilità estrema per cui spesso perdeva il controllo ed era già in cura da alcuni psichiatri.

“Non ho chiuso la porta a nessuna esperienza, per quanto stravagante. Mi sono cercato dappertutto, dentro sedi di partito, chiese, luoghi destinati a ogni sorta di depravazione. Ho provato ad aprire porte invisibili e per farlo mi sono fatto aiutare da ogni droga, lecita e illecita.”

I suoi compagni di stanza hanno alle spalle vissuti non semplici, tutti vittime di emozioni devastanti che non riescono a gestire. Madonnina, Giorgio, Gianluca, Mario e Alessandro, le loro azioni stereotipate, le fissazioni, le paure, la mancanza di senso: quello stare accanto inevitabile e forzato porta a rispecchiarsi, a decodificare, a ridimensionare. È troppo alta la barriera che li separa da medici arroganti e infermieri spaventati ed è tra loro che possono darsi forza, nonostante un equilibrio interiore in frantumi tenuto a bada dai farmaci: “Sono i cinque pazzi con cui ho condiviso la stanza e questa settimana della mia vita. Con loro non ho avuto possibilità di mentire, di recitare la parte del perfetto, mi hanno accolto per quello che sono, per la mia natura così simile alla loro.”

Vincitore nel 2020 del premio Strega Giovani, Tutto chiede salvezza è diventato anche una serie tv su Netflix: è straordinaria la forza di questo romanzo, capace di commuovere per una trama a tratti sconvolgente (provate a pensarci: cosa provereste a trovarvi, di punto in bianco, in un ospedale per un TSO?) che rivela tutta la fragilità della nostra psiche.

“Quello che voglio per tanto tempo non è stato semplice da dire, tentavo di spiegarlo con concetti complicati, ho trascorso questi primi vent’anni di vita a studiare le parole migliori per descriverlo. E di parole ne ho usate tante, troppe, poi ho capito che dovevo procedere in senso contrario, così, di giorno in giorno, ho iniziato a sfilarne una, la meno necessaria, superflua.

Un poco alla volta ho accorciato, potato, sino ad arrivare a una parola sola. Una parola per dire quello che voglio veramente, questa cosa che mi porto dalla nascita, prima della nascita, che mi segue come un’ombra, stesa sempre al mio fianco. Salvezza. Questa parola non la dico a nessuno oltre me. Ma la parola eccola, e con lei il suo significato più grande della morte.

Salvezza. Per me. Per mia madre all’altro capo del telefono.

Per tutti i figli e tutte le madri. E i padri. E tutti i fratelli di tutti i tempi passati e futuri. La mia malattia si chiama salvezza, ma come? A chi dirlo?”

Daniele Mencarelli è nato a Roma nel 1974. Vive ad Ariccia. È poeta e narratore. La sua ultima raccolta è Tempo circolare (poesie 2019-1997), Pequod, 2019. Del 2018 è il suo primo romanzo La casa degli sguardi, Mondadori (premio Volponi, premio Severino Cesari opera prima, premio John Fante opera prima). . Con Sempre tornare si chiude un’ideale trilogia autobiografica iniziata con La casa degli sguardi. Collabora, scrivendo di cultura e società, con quotidiani e riviste.

Rossella Montemurro

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