mercoledì, 24 Aprile 2024

È uscito il 12 gennaio in contemporanea in 24 Paesi, è un romanzo devastante che racconta di quattro generazioni di donne e tocca temi delicatissimi con precisione chirurgica: la maternità, le ossessioni, tutte le ombre che possono nascondersi in una famiglia. Anche nelle migliori.

La spinta (Rizzoli, splendida traduzione di Isabella Zani) di Ashley Audrian, complesso e agghiacciante, è l’esordio internazionale più atteso del 2021.

Le prime pagine si aprono con Blythe che, di notte, sbircia da una finestra la vita del suo ex marito: quella famiglia era la sua. Blythe ha un passato drammatico alle spalle, abbandonata dalla madre Cecilia, del tutto anaffettiva, a sua volta cresciuta da Etta, una madre psicotica – corsi e ricorsi storici e il gene del male che si insinua con prepotenza nella vita di queste donne. Si alternano voci e situazioni nel tempo ma le protagoniste rimangono loro: madri aggressive, in perenne lotta con i propri fantasmi, prive di senso materno, gelide, capaci di avere le reazioni peggiori con le figlie.

Flashback. Blythe, che ha coronato con Fox il sogno di sposarsi, è in attesa di Violet. È però come se fosse in uno stato di sospensione, non c’è quell’entusiasmo, quella magia che dovrebbe esserci – almeno nell’immaginario collettivo legato alla maternità.

Quando Violet nasce, la realtà si riversa con tutte le sue contraddizioni su Blythe. Diventare madre, per lei, è un incubo. Violet è intrattabile, le notti insonni diventano la regola in una quotidianità che sembra dover solo peggiorare. Blythe non ha più tempo per sé, si trascura, si deprime. E Fox, invece di aiutarla, la rassicura a parole ripetendole che passerà, che è normale. Però per Fox, con la nascita di Violet, non è cambiato nulla: la sua, di routine, è rimasta intatta. Lui continua a lavorare, ad avere relazioni sociali.

Blythe prova a confrontarsi con le altre madri ma per loro, appunto, i figli sono un dono, sono gioia. Per lei, Violet è una condanna.

Un pomeriggio, forse per ripicca forse per proteggersi da quel baratro nel quale sta sprofondando, lascia piangere la bambina. Una, due, tre ore mentre lei, con le cuffiette e la musica a tutto volume, ha finalmente ritrovato l’ispirazione per scrivere racconti. Inizia a farlo sempre più spesso, è un segreto terribile che però la lascia respirare. Fin quando un pomeriggio Fox rientra prima e per Blythe è un misto di vergogna, imbarazzo, dolore. Da quell’episodio prova a mettersi in riga, fa il possibile per essere premurosa, accudente, materna. Violet, che con il padre è un amore di bambina, con Blythe è profondamente ostile. Non solo, ha dei comportamenti che fanno rabbrividire

Dal passato – che si intreccia con ostinazione tra le pagine ed è una chiave indispensabile per comprendere il vissuto di Blythe – la nonna e la mamma sono due figure evidenziate solo con tratti angoscianti. Donne malate, sole. Donne intrappolate tra i fantasmi della propria psiche.

Quando Blythe rimane di nuovo incinta, nei confronti del bimbo che sta per nascere ha un atteggiamento di assoluta dedizione. Sam lo adora, lo coccola, lo vizia: lei diventa tutt’uno con il nuovo arrivato mentre Violet sembra reprimere una rabbia tremenda, una gelosia illimitata.

Blythe inizia ad avere paura, negli occhi della bambina legge solo una potenziale crudeltà. Sarà davvero così o è la mente della donna che comincia a essere tormentata dagli stessi demoni che hanno già rovinato Etta e Cecilia?

I diritti cinematografici de La spinta, venduto in 34 Paesi in sole due settimane, sono stati opzionati dai produttori di Harry Potter.

L’autrice – che vive a Toronto e ha lavorato a lungo come capo ufficio stampa di Penguin Books Canada – dimostra un talento eccezionale, riuscendo con il suo romanzo a metterci di fronte alle scelte che una famiglia, pur di   preservare la sacralità della forma, può fare. Viscerale, onesto fino alla brutalità, La spinta è un viaggio ipnotico e necessario nella psiche di una donna a cui nessuno è disposto a credere.

Rossella Montemurro

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