venerdì, 19 Aprile 2024

Una famiglia condannata in primo grado dal tribunale di Matera e poi dalla corte d’Appello di Potenza per avere costruito abusivamente un terrazzo di 2 per 6,30 (la foto è di repertorio e non si riferisce al terrazzo citato nell’articolo) metri in una zona paesaggisticamente soggetta a vincolo, ha vinto il ricorso in Cassazione. Quest’ultima, con sentenza 56435/2017 depositata ieri, ha cassato senza rinvio la sentenza d’appello -con motivazione semplificata – perché il reato è prescritto, grazie al declassamento del reato a illecito contravvenzionale non essendoci stato, nel caso di specie, l’aumento volumetrico superiore ai mille metri cubi.

Lo riporta il giornalista Enrico Bronzo sul quotidiano Il Sole 24 Ore.

“Ciò in virtù della sentenza della Corte costituzionale numero 56 del 23 marzo 2017 – aggiunge Bronzo –  che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 181, comma 1-bis del Dlgs 42/2004 – il codice dei Beni culturali del paesaggio – nella parte in cui si dice che «: a) ricadono su immobili o aree che, per loro caratteristiche paesaggistiche siano stati dichiarati di notevole interesse pubblico con apposito procedimento emanato in epoca antecedente alla realizzazione dei lavori; b) ricadano su immobili o aree tutelati per legge ai sensi dell’articolo 142».

Per cui l’attuale formulazione dell’articolo 181 è: «1) chiunque senza la prescritta autorizzazione o in difformità di essa, esegue lavori di qualsiasi genere su beni paesaggistici è punito con la pene previste dall’articolo 44, lettera c) del Dpr 380/2001; 1-bis). La pena è della reclusione da uno a quattro anni qualora i lavori di cui al comma 1 abbiano comportato un aumento dei manufatti superiore al 30% della volumetria della costrizioni originario, in alternativa, un ampliamento della medesima superiore a 750 mc, ovvero ancora abbiamo comportato una nuova costruzione con una volumetria superiore ai mille mc».

Quindi, mentre prima la fattispecie apprestava una tutela più rigorosa – nel caso di specie concretizzatasi in un mese di arresto, 35mila euro e demolizione delle opere abusive con la rimessione in pristino dell’immobile – successivamente la Consulta ha ricondotto nell’area contravvenzionale tutti i lavori eseguiti su beni paesaggistici. Poi la prescrizione ha fatto il resto”.

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