“In quale momento del tempo si collocano le note del jazz? In quale punto di questo costante abbraccio che è il tempo ci portano? E perché una volta condotti lì, in quella determinata zona del tempo, possiamo provare, percepire una gioia così profonda oppure un così profondo disagio, sofferenza, angoscia?
Se chiedessi a un jazzista: «Perché hai scelto il jazz?» con molta probabilità risponderebbe: «Per l’improvvisazione; per la libertà che ho, che sento, per come mi sento quando improvviso». E se gli chiedessi ancora, fingendo di non sapere, solo per andare più in fondo al suo animo: «Nonostante la fatica, le difficoltà, i rischi che questa libertà comporta ogni volta?» lui aggiungerebbe con sicurezza: «Certo, anzi proprio per questo» (…)”
Ritmato e intimista, leggero come alcune note e contemporaneamente profondo come certi interrogativi filosofici. Perché se è vero che c’è tanta musica, jazz in particolare, in Temporale jazz. Estetica dell’improvvisazione (Arcana) di Marco Restucci c’è anche tanta filosofia. Ed è un piacere leggere questo libro così ricco di contenuti nel quale il racconto dell’improvvisazione si compie, si svela sotto i nostri occhi. Di nota in nota, di frase in frase, di chorus in chorus l’assolo si dispiega, ci coinvolge, ci emoziona, incontrando domande, cercando risposte fuori e dentro di noi.
Il tempo con tutte le sue sfumature è una componente essenziale della musica e della vita: l’autore insiste su questo concetto, lo declina in esempi concreti, lo cala nella quotidianità: percezione e tempo sono, infatti, i luoghi dell’improvvisazione – dimensioni estetiche in cui si muovono contemporaneamente musicista e spettatore – ma sono anche dimensioni dell’essere, forme di ciò che siamo, modi del nostro stare al mondo.
E’ singolare che accanto a concetti così coinvolgenti, sempre accompagnati dal jazz, rimanga sottesa fino alla fine l’affermazione di una signora che, al termine di una conferenza sul jazz, si fece passare il microfono e in un garbato moto di liberazione diede inizio al dibattito così: «Mi scusi, ma glielo devo proprio dire, a me il jazz non piace e non lo ascolto perché mi mette angoscia».
Una frase sincera ma inappropriata al contesto che, tuttavia, si è rivelata fondamentale per la stesura di Temporale jazz, rimandando a tante altre domande.
Marco Restucci, laureato in filosofia, giornalista pubblicista, musicista, ha svolto per diversi anni l’attività di critico musicale. In ambito filosofico si occupa soprattutto di estetica, in particolare della dimensione sonora del pensiero. Nel 2016 ha pubblicato il saggio sulle origini del jazz Dioniso a New Orleans. Nietzsche e il tragico nel jazz.
Rossella Montemurro