venerdì, 19 Aprile 2024

“Ferrari riporta, ricrea in maniera formidabile, dialoghi che sono tranches di vita, che fanno pensare a certi quadri espressionisti, a certe fotografie di umile gente messa in posa. Hai la sensazione di stare in quelle case, con quelle persone. I dialoghi sono arterie vitali nascoste sotto il tessuto narrativo di un mondo che comunica con noi attraverso queste voci. Quel tessuto narrativo, poi, possiede una grazia d’altri tempi, connaturata a un’epoca più timida. Un’Italia più giovane, più sprovveduta, l’Italia partorita dalla guerra, con il suo grande gregge di reduci. Mentre Ninni avanza di statura, il mondo intorno muta violentemente, e s’intravede già molto di quello che sarà – il tempo dell’accumulo insensato, della solitudine dei molti, della disgregazione sociale – attraverso la finestra che questo romanzo di formazione apre e lascia aperta.”

Con queste parole Margareth Mazzantini ha proposto al Premio Strega 2020 la candidatura di Ragazzo italiano (Feltrinelli), il volume di un esponente di spicco dell’editoria italiana – dal 1997 al 2009 è stato direttore generale della divisione libri Mondadori, dal 2010 al 2014 ha presieduto il Centro per il libro e la lettura del ministero dei Beni culturali -, Gian Arturo Ferrari.

Il protagonista di questo romanzo di formazione è Ninni/Piero, alter ego dell’autore che seguiamo bambino fino alla tarda adolescenza. La sua crescita avviene di pari passo con i cambiamenti economici e sociologici di un’Italia che ha voglia di riscatto, dalla fine degli anni Quaranta ai primi anni Sessanta.

L’immediato dopoguerra è così seguito da una provincia contadina, Querciano (nome di fantasia insieme a Zanegrate, l’altro paese in cui crescerà il bambino) dal piccolo Ninni, accudito da una nonna per la quale stravede. Per la donna, vedova, quel bambino è una fonte di speranza. Il loro è un legame forte, basato sull’affetto autentico ma anche sulle inevitabili divergenze nell’accettare il cambiamento portato dalla rivoluzione industriale. Per il bambino, la casa della nonna è un approdo sicuro, al riparo dagli atteggiamenti duri e bruschi del padre che non sopporta la leggera balbuzie e dal mondo ovattato della madre, persa nei suoi sogni. È anche il luogo della scoperta dei libri e del loro potere, delle emozioni che racchiudono e suscitano, delle esperienze magiche che permettono.

Dai banchi delle elementari, dove già avveniva una marcata selezione sociale dalla suddivisione tra i banchi a seconda se usufruivano o meno della refezione (“La refezione – gli spiegò Agnesina, il suo compagno di banco, che anche se era il primo giorno sapeva già tutto – voleva dire che non andavano a casa a mangiare, si fermavano a scuola perché erano poveri. Le loro mamme lavoravano in officina. Invece quelli che stavano nei banchi davanti alla maestra erano i figli degli industriali, cioè dei padroni delle officine. Ma gli industriali più grossi, aggiunse Agnesina, non mandavano i loro bambini lì, alla scuola pubblica, li mandavano dai gesuiti.”), fino al liceo nel quale, all’improvviso, si libera dalla balbuzie e forma un trio scolastico con cui avvia l’operazione “grandi intellettuali rispondono ai liceali”.

E poi ci sono le insidie degli affetti, la sofferenza, i non detti, i segreti che scalfiscono e incrinano anche i legami più prossimi.

Ragazzo italiano è davvero un bel romanzo, uno spaccato di storia dell’Italia, un’Italia ancora viva nella memoria profonda del Paese, nelle peripezie familiari di tanta gente. Ferrari le restituisce corpo e respiro senza indulgenze né compiacimenti, con uno stile cristallino e austero, non di rado crudo, con un timbro di coraggiosa sincerità. Capace di esprimere la freschezza del protagonista e di una moltitudine di personaggi lampeggianti di futuro.

Gian Arturo Ferrari, dopo la laurea in Lettere classiche all’Università di Pavia (dove era alunno del Collegio Ghislieri) ha perseguito per un certo tratto una doppia vita. Da un lato l’insegnamento universitario, come professore di Storia del pensiero scientifico, sempre presso l’Università di Pavia. Dall’altro l’apprendistato editoriale, prima con Edgardo Macorini alla est Mondadori, poi per un decennio, come stretto collaboratore di Paolo Boringhieri. Editor della Saggistica Mondadori nel 1984, direttore dei Libri Rizzoli nel 1986, rientrato in Mondadori nel 1988, con il 1989 ha scelto l’editoria libraria come propria unica vita e si è dimesso dall’Università. Direttore dei Libri Mondadori nei primi anni Novanta, è stato dal 1997 al 2009 direttore generale della divisione Libri Mondadori, che comprendeva, oltre a Mondadori, Einaudi, Electa, Sperling&Kupfer, Edumond e, più tardi, Piemme. Dal 2010 al 2014 ha presieduto il Centro per il libro e la lettura, presso il Ministero dei Beni e delle Attività culturali. Ha pubblicato Libro per Bollati Boringhieri.

Rossella Montemurro

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