domenica, 9 Febbraio 2025

“(…) Se la parola ha dato senso al mondo («in principio erat Verbum»), ora la sciatteria della parola serve per restituire il mondo alla sua insensatezza”.
Invidie, gelosie, ritratti poco edificanti di scrittori noti e non: tra le stanze delle case editrici si respira anche questo. È la fotografia nitida – purtroppo autentica che viene fuori dalle parole di Bontà (Einaudi), il racconto lungo di Walter Siti. Il protagonista è Ugo, un anziano editor cinico e disilluso, uno scrittore mancato: “(…) Se si può essere tanto diversi tra il giorno e la sera, perché non si potrebbe anche essere morti e vivi a ore alterne? Dopo la rinuncia ad affermarsi scrittore, Ugo è riuscito a convincersi di valere più degli autori che pubblica, o della maggior parte almeno, rovesciando la rassegnazione in arroganza. (…)”. PAncora, “(…) La bomba è esplosa, la cosa che non si può dire è stata detta.  Il fallimento come scrittori-in-proprio è il tumore inconfessabile di   molti editor; per una sorta di gentlemen Agreement l’argomento è tabù, cane non mangia cane. Qualcuno ce la fa, pubblica i propri libri (magari buoni) presso case editrici concorrenti, pochissimi hanno il coraggio di autopubblicarsi sfidando il conflitto di interessi – in ogni caso, mescolare i due livelli in pubblico è considerato impudico. Il disagio si taglia col coltello: tutti stanno pensando (e lui per primo) che Ugo è diventato stupidamente aggressivo per nascondere un vuoto di memoria. (…)”.
Combatte con un’omosessualità latente e con incubi notturni mentre di giorno riesce ad incutere timore nei colleghi. Al lavoro è efficiente, perfezionista, disprezza i buoni “che usano la modestia come una clava”; si vendica in pubblico di un’infelicità privata, perché le ossessioni non solo erotiche l’hanno condannato alla solitudine – “è cattivo perché molto infelice”. Per lui, piacere e dominio coincidono.
Non è raro che vengano fuori dettagli dal passato blasonato di Ugo, ricco di famiglia, che provano a dare un senso al suo presente sui generis: “(…) Da quando la governante da piccolo insisteva col cucchiaio davanti alla bocca e lui sigillava le labbra non godere mai davvero in situazioni di godimento è stato per decenni il suo punto d’onore: il suo regime alimentare parla di sesso molto più delle sue scopate”.
Ha fatto carriera nell’editoria tra competizioni aziendali, problemi di management e sarcasmi sulla letteratura mediocre. Quando la vecchiaia si annuncia con segni inequivocabili – improvvisi vuoti di memoria iniziano a tormentato -, Ugo decide che è ora di dare un senso alla propria vita e, da poeta senza poesie, crede di riscattarsi mediante l’azione: usando a sproposito una conquista civile, progetta un velleitario suicidio per procura. Ma il destino ha in mente altro e lo conduce dove mai avrebbe sospettato.
“Per Ugo ogni limite è prigione, ma l’avventura lo spaventa: perciò si è condannato a un mestiere che mette in gabbia pezzetti di infinito”.
La ricercatezza stilistica è una costante di Bontà, Siti non lascia niente al caso e usa spesso una terminologia complessa.
Walter Siti è nato nel 1947. Ha insegnato Letteratura italiana contemporanea all’Università dell’Aquila. Per Einaudi ha curato antologie poetiche (Nuovi poeti italiani 3, 1984) e diverse opere di Pier Paolo Pasolini (Le ceneri di Gramsci, 1981; Storie della Città di Dio, 1995). Sempre presso Einaudi ha pubblicato inoltre i saggi Il realismo dell’avanguardia (1975), Il neorealismo nella poesia italiana(1980), i romanzi Scuola di nudo (1994 e 2009), Un dolore normale (1999) e Bontà (2018), la raccolta di racconti La magnifica merce (2004) e Troppi paradisi (2006 e 2008). Per i Meridiani Mondadori ha curato le opere complete di Pier Paolo Pasolini. Sono di recente apparsi il romanzo Resistere non serve a niente (Rizzoli 2012), il saggio Il realismo è l’impossibile (Nottetempo 2013) e, nella collana digitale dei Quanti Einaudi, Benvenuta Rachele (2013).

Rossella Montemurro

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