giovedì, 25 Aprile 2024

Jeanne Hébuterne, compagna e modella di Modigliani, suicida il giorno dopo la morte dell’amato, è stata una grande artista e una donna audace e disinibita, ribelle e anticonformista. La sua figura è però sbiadita fra le pagine delle biografie del pittore e nell’imponente letteratura dedicata alle avanguardie artistiche del primo ventennio del Novecento, e alla Parigi di quegli anni folli.

In Non dipingerai i miei occhi. Storia intima di Jeanne Hébuter­ne e Amedeo Modigliani (Editoriale Jouvence) accade qualcosa di inedito: forse unico tra gli osservatori che vi si sono accostati, Grazia Pulvirenti presenta Jeanne Hébuterne nella sua singolarità e non più soltanto come l’ultima donna di Modì.
Questa è un’opera di fantasia, che ha voluto restituire a Jeanne la sua voce, i suoi colori, le sue bizzarrie, reinventando, al di là del mito, la “vera storia” di donna scandalosa e artista, ricostruendo le vicende della sua vita su fonti documentarie, da cui sono tratte le citazioni riportate in corsivo nel testo.

La narrazione, sincopata come la vita di Jeanne, è affidata alle voci che emergono da immagini di dipinti e disegni esistenti e d’invenzione, al fine di restituire, al di là della patina dell’arte, la fragilità dei corpi, la miseria e la povertà di esistenze sbilenche, la trama di sofferenze e passioni, giornate folli di ebbrezza e disperazione, alla ricerca della bellezza vissuta come missione e maledizione.
Pulvirenti scava nell’anima di Jeanne e Amédé e ne rivela le contraddizioni laceranti, le ambivalenze e ambiguità, le esitazioni e gli inciampi, al contempo allargando la visuale all’esaltante microcosmo della cosiddetta École de Paris – invero assai cosmopolita ma che vide i suoi componenti incontrarsi come per magia nella capitale francese ai primi del Novecento. In tal modo Non dipingerai i miei occhi diventa anche una ricostruzione d’ambiente e d’atmosfera di sorprendente veridicità.

Pulvirenti coniuga felicemente energia inventiva e perizia documentaria così che, quasi senza accorgersene, il lettore corre tra i caffè di Montparnasse e la «collina comunarda e popolosa» di Montmartre, si addentra nei vicoli del Quartiere Latino, visita atelier improvvisati dentro bugigattoli o anguste mansarde, si fa largo in gremiti bistrot e stordisce nelle fumerie d’oppio, tutto pur di respirare, anche solo per un attimo, quella stessa bellezza vissuta più di un secolo fa da una comunità di artisti eccezionale – Henri Matisse, Constantin Brancusi, André Derain, Pablo Picasso, Fernand Léger, Georges Braque, Maurice Utrillo, Gino Severini, Marie Vassilieff, Tsuguharu Foujita, Diego de Rivera, Marc Chagall, Juan Gris, Moïse Kisling, Chaïm Soutine, e molti altri.

Grazia Pulvirenti, professore ordinario di Letteratura tedesca presso l’Ateneo di Catania, Presidente della Fondazione Lamberto Puggelli, scrive da sempre poesie e prosa, ma finora, seguendo il suggerimento di Adalbert Stifter, ha tenuto tutto in un’antica cassapanca, in attesa che trascorressero almeno 15 anni, necessari, secondo lo scrittore austriaco, a far maturare i testi.
Così nel dicembre 2017 ha pubblicato sul­la rivista «Soglie» una prima silloge poetica dal titolo amara_mente. Per la lirica riceve nel 202 la menzione speciale al premio Jacopo da Lentini. Nel 2020 è uscito il racconto “Più forte che la morte. Fantasticheria romantica su Vincenzo Bellini” nel volume collet­taneo edito da Skira “L’Italia del Père Lachaise. Vies extraordinaires des Ita­liens de France et des Français d’Italie”.

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