martedì, 23 Aprile 2024

Una nonna e la sua nipotina, un rapporto di affetto incondizionato: la nipotina è Anny Romand – attrice, scrittrice, traduttrice e fotografa – la nonna è Serpouhai Hovaghian: «Quando avevo otto anni mia nonna mi raccontava la sua storia, la storia tragica del massacro degli armeni, avvenuto cinquant’anni prima. Ero la sola ad ascoltarla, affascinata e sconvolta. Mia madre era molto contrariata quando ci trovava in lacrime, una nelle braccia dell’altra: la farai impazzire, questa bambina!… Ma dal racconto di mia nonna emergeva una giovane donna colta, bella, raffinata e libera. Vorrei condividere con voi quel racconto».

Nasce così Mia nonna d’Armenia (La Lepre Edizioni, traduzione di Daniele Petruccioli e prefazione di Dacia Maraini), un volume che intreccia i ricordi d’infanzia dell’autrice con alcuni passaggi tratti dalle pagine di un quadernetto scritto nel 1915 in armeno, francese e greco da Serpouhai. Lì c’è il viaggio di un gruppo di donne e bambini armeni sulle strade dell’Anatolia, verso il deserto e la morte.

Anny, che ha ritrovato quel taccuino nel 2014, ha potuto dare un senso ulteriore a quanto la nonna le raccontava.

“L’umanità cerca ogni mezzo per ridare vita ai morti, mentre altrove migliaia di innocenti vengono calpestati da morti. Invece di resuscitare i morti si dovrebbe assicurare ai vivi di restare in vita, anziché pensare ognuno solo alla propria”.

Mia nonna d’Armenia è una storia, intensa, a due voci: quella che viene fuori da una donna fortissima e quella dei ricordi dell’infanzia.

Parole cariche di sofferenza, squarci sull’orrore, scelte inevitabili e drammatiche: “(…) Ah, che dolore immenso arrivare a un punto di non ritorno così estremo di miseria e sofferenze da dover affidare tuo figlio, e poi a chi? Ai criminali sanguinari che hanno ucciso le nostre madri, sorelle, fratelli e mariti fra mille tormenti!

O speranza, pensavo di aver forse salvato il mio bambino da questo calvario che era ormai un fiume di sangue quando, l’indomani stesso, venne emanata la sentenza.

Speravo ancora in Dio perché compisse un miracolo. Ma a quanto pare anche Dio ci aveva maledetti”.

Non mancano parentesi di tenerezza, ad esempio con gli inevitabili paragoni che Anne fa con i genitori – la nonna la lascia sempre leggere, non la sgrida mai, gioca sempre mentre la mamma non ha tempo.

Dacia Maraini nella prefazione sottolinea che il vero significato di Mia nonna d’Armenia è un omaggio ai vecchi e ai bambini ma è anche vero che questo volume ci mette di fronte all’infinito dolore degli Armeni, filtrato attraverso gli occhi di una bambina.

L’autrice ha preso parte a serie televisive e a numerosi film con registi del calibro di Jean-Luc Godard e Manoel de Oliveira. Per la casa editrice Actes sud ha tradotto alcuni libri di Alan Ball. Nel 2006 ha ideato Une Saison de Nobel, serate di incontri letterari dedicate ai premi Nobel per la letteratura. Nel 2015 ha pubblicato Ma grand’mère d’Arménie, tradotto in svedese, armeno e italiano. Nel 2018 ha pubblicato in Svezia Le Silence avant l’effroi, éditions Elisabeth Grate, pubblicato in francese da Serge Safran ed. nel 2020.

Rossella Montemurro

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