giovedì, 25 Aprile 2024

Nascere
donna nel ‘500 non era poi una gran fortuna. Il valore “di mercato” di una
figlia femmina era direttamente proporzionale al danno che la sua inoperosità
provocava alla famiglia. E così i padri più lungimiranti decidevano per loro e
sin da bambine le rinchiudevano in conventi dai quali non sarebbero più uscite.
Marta
Cuscunà, giovane attrice e autrice friulana è entrata nell’animo di quelle
donne, raccontando la vicenda di Angela vissuta nel monastero di Santa Chiara
di Udine sin dall’età di 6 anni, con il linguaggio straordinario e coinvolgente
dei suoi pupazzi e lo  sguardo
introspettivo e senza retorica del suo teatro.
Lo
spettacolo “La semplicità ingannata” andato in scena mercoledì all’Auditorium,
nell’ambito del progetto “Resistenze femminili”, inserito nella programmazione
del Consorzio Teatri Uniti di Basilicata, della Regione Basilicata e del
Mibact, ha offerto un racconto nel quale a un certo punto le suore segregate
tra le mura del monastero diventano sei, ognuna con la propria personalità e
con la voglia di non assoggettarsi alle leggi del clero che le vuole obbedienti
e senza opinioni. Cercheranno di far valere le proprie ragioni, di dar vita a
un movimento di ribellione che però alla fine non raggiungerà l’obiettivo e le
costringerà ad una vita ferma dietro le grate del monastero.
Il
testo di Marta Cuscunà è liberamente ispirato alle opere letterarie di
Arcangela Tarabotti e alla vicenda delle Clarisse di Udine e si muove su un
canovaccio  contemporaneo.
E’ la stessa Cuscunà a spiegare sul suo profilo ufficiale: “Oggi c’è estremo bisogno di parlare di Resistenze femminili
perché nella nostra società la figura femminile è molto contraddittoria: da un
lato abbiamo bisogno di garantire per legge la presenza minima delle donne in
politica attraverso le quote rosa; dall’altro proprio le donne sono al centro
della vita mediatica in quanto merce di scambio tra politici e imprenditori
corrotti…La semplicità ingannata racconta da quali semi è nata la
rivendicazione delle donne nel Cinquecento, nel tentativo di ridare slancio a
una rivoluzione di cui non sentiamo più il bisogno, e forse non per un caso
fortuito, ma per una precisa strategia che, anche se con modalità
apparentemente diverse, ci schiaccia ancora sotto lo strapotere maschile”.
 
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