sabato, 20 Aprile 2024

Sabato 29 dicembre 2018
alle ore 9,30 presso la sede della Caritas diocesana in via Cappuccini 150 a
Matera è in programma la presentazione della 51^ Giornata nazionale della
Pace.
La fine del 2018 a Matera, quest’anno, sarà caratterizzata da due eventi a
levatura nazionale: il Capodanno trasmesso da Rai1 e la 51^ Marcia nazionale
della Pace. Al fine di presentare questa grande manifestazione, che è stata
organizzata dall’Ufficio nazionale dei problemi sociali e del lavoro, da
Caritas italiana, da Pax Cristi, dall’Azione Cattolica italiana e
dall’Arcidiocesi di Matera–Irsina, è indetta una conferenza stampa il 29
dicembre alle ore 9,30 presso la sede della Caritas diocesana in Via Cappuccini,
150 in Matera. Saranno presenti il Vicario diocesano per la pastorale mons.
Filippo Lombardi e il direttore della Caritas diocesana prof.ssa Annamaria
Cammisa.
Il 31 dicembre la marcia della pace si snoderà nelle strade dei due rioni Sassi
con la partecipazione di circa 1000 persone provenienti da tutta Italia. Le
motivazioni dell’iniziativa, le modalità di svolgimento e gli altri dettagli
saranno comunicati durante la conferenza.
Il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace, “La buona
politica a servizio della pace”, ha ispirato l’iniziativa e farà da guida al
percorso/fiaccolata e alle quattro soste previste per riflettere sulla
Politica.
Infatti, l’arcivescovo di Matera-Irsina, mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, nella
sua omelia durante la Santa Messa del giorno di Natale, sostiene che “Dalla
nostra città parte per il mondo intero un annuncio ben preciso: Offrire la
pace… a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in mezzo ai drammi
e alle violenze della storia umana”.
Durante la conferenza si farà cenno anche all’iniziativa “Un sacco di pace”
della Cooperativa sociale Il Sicomoro che ha realizzato 1000 borse per i
marciatori presso il laboratorio sartoriale Silent Academy con l’aiuto del
talento di giovani rifugiati, in fuga da guerra e fame.
MESSAGGIO
DEL SANTO PADRE FRANCESCO PER LA CELEBRAZIONE DELLA LII GIORNATA MONDIALE DELLA
PACE
1° GENNAIO 2019
La buona politica è al
servizio della pace
1. “Pace a questa casa!”
Inviando in missione i suoi discepoli, Gesù dice loro: «In qualunque casa
entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. Se vi sarà un figlio della pace,
la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi» (Lc 10,5-6).
Offrire la pace è al cuore della missione dei discepoli di Cristo. E questa
offerta è rivolta a tutti coloro, uomini e donne, che sperano nella pace in
mezzo ai drammi e alle violenze della storia umana.[1] La “casa” di cui parla
Gesù è ogni famiglia, ogni comunità, ogni Paese, ogni continente, nella loro
singolarità e nella loro storia; è prima di tutto ogni persona, senza
distinzioni né discriminazioni. È anche la nostra “casa comune”: il pianeta in
cui Dio ci ha posto ad abitare e del quale siamo chiamati a prenderci cura con
sollecitudine.
Sia questo dunque anche il mio augurio all’inizio del nuovo anno: “Pace a
questa casa!”.
2. La sfida della buona politica
La pace è simile alla speranza di cui parla il poeta Charles Péguy;[2] è come
un fiore fragile che cerca di sbocciare in mezzo alle pietre della violenza. Lo
sappiamo: la ricerca del potere ad ogni costo porta ad abusi e ingiustizie. La
politica è un veicolo fondamentale per costruire la cittadinanza e le opere
dell’uomo, ma quando, da coloro che la esercitano, non è vissuta come servizio
alla collettività umana, può diventare strumento di oppressione, di
emarginazione e persino di distruzione.
«Se uno vuol essere il primo – dice Gesù – sia l’ultimo di tutti e il servo di
tutti» (Mc 9,35). Come sottolineava Papa San Paolo VI: «Prendere sul serio la
politica nei suoi diversi livelli – locale, regionale, nazionale e mondiale –
significa affermare il dovere dell’uomo, di ogni uomo, di riconoscere la realtà
concreta e il valore della libertà di scelta che gli è offerta per cercare di
realizzare insieme il bene della città, della nazione, dell’umanità».[3]
In effetti, la funzione e la responsabilità politica costituiscono una sfida
permanente per tutti coloro che ricevono il mandato di servire il proprio
Paese, di proteggere quanti vi abitano e di lavorare per porre le condizioni di
un avvenire degno e giusto. Se attuata nel rispetto fondamentale della vita,
della libertà e della dignità delle persone, la politica può diventare
veramente una forma eminente di carità.
3. Carità e virtù umane per una politica al servizio dei diritti umani e della
pace
Papa Benedetto XVI ricordava che «ogni cristiano è chiamato a questa carità,
nel modo della sua vocazione e secondo le sue possibilità d’incidenza nella
polis. […] Quando la carità lo anima, l’impegno per il bene comune ha una
valenza superiore a quella dell’impegno soltanto secolare e politico. […]
L’azione dell’uomo sulla terra, quando è ispirata e sostenuta dalla carità,
contribuisce all’edificazione di quella universale città di Dio verso cui
avanza la storia della famiglia umana».[4] È un programma nel quale si possono
ritrovare tutti i politici, di qualunque appartenenza culturale o religiosa
che, insieme, desiderano operare per il bene della famiglia umana, praticando
quelle virtù umane che soggiacciono al buon agire politico: la giustizia,
l’equità, il rispetto reciproco, la sincerità, l’onestà, la fedeltà.
A questo proposito meritano di essere ricordate le “beatitudini del politico”,
proposte dal Cardinale vietnamita François-Xavier Nguyễn Vãn Thuận, morto nel
2002, che è stato un fedele testimone del Vangelo:
Beato il politico che ha un’alta consapevolezza e una profonda coscienza del
suo ruolo.
Beato il politico la cui persona rispecchia la credibilità.
Beato il politico che lavora per il bene comune e non per il proprio interesse.
Beato il politico che si mantiene fedelmente coerente.
Beato il politico che realizza l’unità.
Beato il politico che è impegnato nella realizzazione di un cambiamento
radicale.
Beato il politico che sa ascoltare.
Beato il politico che non ha paura.[5]
Ogni rinnovo delle funzioni elettive, ogni scadenza elettorale, ogni tappa
della vita pubblica costituisce un’occasione per tornare alla fonte e ai
riferimenti che ispirano la giustizia e il diritto. Ne siamo certi: la buona
politica è al servizio della pace; essa rispetta e promuove i diritti umani
fondamentali, che sono ugualmente doveri reciproci, affinché tra le generazioni
presenti e quelle future si tessa un legame di fiducia e di riconoscenza.
4. I vizi della politica
Accanto alle virtù, purtroppo, anche nella politica non mancano i vizi, dovuti
sia ad inettitudine personale sia a storture nell’ambiente e nelle istituzioni.
È chiaro a tutti che i vizi della vita politica tolgono credibilità ai sistemi
entro i quali essa si svolge, così come all’autorevolezza, alle decisioni e
all’azione delle persone che vi si dedicano. Questi vizi, che indeboliscono
l’ideale di un’autentica democrazia, sono la vergogna della vita pubblica e
mettono in pericolo la pace sociale: la corruzione – nelle sue molteplici forme
di appropriazione indebita dei beni pubblici o di strumentalizzazione delle
persone –, la negazione del diritto, il non rispetto delle regole comunitarie,
l’arricchimento illegale, la giustificazione del potere mediante la forza o col
pretesto arbitrario della “ragion di Stato”, la tendenza a perpetuarsi nel
potere, la xenofobia e il razzismo, il rifiuto di prendersi cura della Terra,
lo sfruttamento illimitato delle risorse naturali in ragione del profitto
immediato, il disprezzo di coloro che sono stati costretti all’esilio.
5. La buona politica promuove la partecipazione dei giovani e la fiducia
nell’altro
Quando l’esercizio del potere politico mira unicamente a salvaguardare gli
interessi di taluni individui privilegiati, l’avvenire è compromesso e i giovani
possono essere tentati dalla sfiducia, perché condannati a restare ai margini
della società, senza possibilità di partecipare a un progetto per il futuro.
Quando, invece, la politica si traduce, in concreto, nell’incoraggiamento dei
giovani talenti e delle vocazioni che chiedono di realizzarsi, la pace si
diffonde nelle coscienze e sui volti. Diventa una fiducia dinamica, che vuol
dire “io mi fido di te e credo con te” nella possibilità di lavorare insieme
per il bene comune. La politica è per la pace se si esprime, dunque, nel
riconoscimento dei carismi e delle capacità di ogni persona. «Cosa c’è di più
bello di una mano tesa? Essa è stata voluta da Dio per donare e ricevere. Dio
non ha voluto che essa uccida (cfr Gen 4,1ss) o che faccia soffrire, ma che
curi e aiuti a vivere. Accanto al cuore e all’intelligenza, la mano può
diventare, anch’essa, uno strumento di dialogo».[6]
Ognuno può apportare la propria pietra alla costruzione della casa comune. La
vita politica autentica, che si fonda sul diritto e su un dialogo leale tra i
soggetti, si rinnova con la convinzione che ogni donna, ogni uomo e ogni
generazione racchiudono in sé una promessa che può sprigionare nuove energie
relazionali, intellettuali, culturali e spirituali. Una tale fiducia non è mai facile
da vivere perché le relazioni umane sono complesse. In particolare, viviamo in
questi tempi in un clima di sfiducia che si radica nella paura dell’altro o
dell’estraneo, nell’ansia di perdere i propri vantaggi, e si manifesta
purtroppo anche a livello politico, attraverso atteggiamenti di chiusura o
nazionalismi che mettono in discussione quella fraternità di cui il nostro
mondo globalizzato ha tanto bisogno. Oggi più che mai, le nostre società
necessitano di “artigiani della pace” che possano essere messaggeri e testimoni
autentici di Dio Padre che vuole il bene e la felicità della famiglia umana.
6. No alla guerra e alla strategia della paura
Cento anni dopo la fine della Prima Guerra Mondiale, mentre ricordiamo i
giovani caduti durante quei combattimenti e le popolazioni civili dilaniate,
oggi più di ieri conosciamo il terribile insegnamento delle guerre fratricide,
cioè che la pace non può mai ridursi al solo equilibrio delle forze e della
paura. Tenere l’altro sotto minaccia vuol dire ridurlo allo stato di oggetto e
negarne la dignità. È la ragione per la quale riaffermiamo che l’escalation in
termini di intimidazione, così come la proliferazione incontrollata delle armi
sono contrarie alla morale e alla ricerca di una vera concordia. Il terrore esercitato
sulle persone più vulnerabili contribuisce all’esilio di intere popolazioni
nella ricerca di una terra di pace. Non sono sostenibili i discorsi politici
che tendono ad accusare i migranti di tutti i mali e a privare i poveri della
speranza. Va invece ribadito che la pace si basa sul rispetto di ogni persona,
qualunque sia la sua storia, sul rispetto del diritto e del bene comune, del
creato che ci è stato affidato e della ricchezza morale trasmessa dalle
generazioni passate.
Il nostro pensiero va, inoltre, in modo particolare ai bambini che vivono nelle
attuali zone di conflitto, e a tutti coloro che si impegnano affinché le loro
vite e i loro diritti siano protetti. Nel mondo, un bambino su sei è colpito
dalla violenza della guerra o dalle sue conseguenze, quando non è arruolato per
diventare egli stesso soldato o ostaggio dei gruppi armati. La testimonianza di
quanti si adoperano per difendere la dignità e il rispetto dei bambini è quanto
mai preziosa per il futuro dell’umanità.
7. Un grande progetto di pace
Celebriamo in questi giorni il settantesimo anniversario della Dichiarazione
Universale dei Diritti dell’Uomo, adottata all’indomani del secondo conflitto
mondiale. Ricordiamo in proposito l’osservazione del Papa San Giovanni XXIII:
«Quando negli esseri umani affiora la coscienza dei loro diritti, in quella
coscienza non può non sorgere l’avvertimento dei rispettivi doveri: nei
soggetti che ne sono titolari, del dovere di far valere i diritti come esigenza
ed espressione della loro dignità; e in tutti gli altri esseri umani, del
dovere di riconoscere gli stessi diritti e di rispettarli».[7]
La pace, in effetti, è frutto di un grande progetto politico che si fonda sulla
responsabilità reciproca e sull’interdipendenza degli esseri umani. Ma è anche una
sfida che chiede di essere accolta giorno dopo giorno. La pace è una
conversione del cuore e dell’anima, ed è facile riconoscere tre dimensioni
indissociabili di questa pace interiore e comunitaria:
– la pace con sé stessi, rifiutando l’intransigenza, la collera e l’impazienza
e, come consigliava San Francesco di Sales, esercitando “un po’ di dolcezza
verso sé stessi”, per offrire “un po’ di dolcezza agli altri”;
– la pace con l’altro: il familiare, l’amico, lo straniero, il povero, il
sofferente…; osando l’incontro e ascoltando il messaggio che porta con sé;
– la pace con il creato, riscoprendo la grandezza del dono di Dio e la parte di
responsabilità che spetta a ciascuno di noi, come abitante del mondo, cittadino
e attore dell’avvenire.
La politica della pace, che ben conosce le fragilità umane e se ne fa carico,
può sempre attingere dallo spirito del Magnificat che Maria, Madre di Cristo
Salvatore e Regina della Pace, canta a nome di tutti gli uomini: «Di
generazione in generazione la sua misericordia per quelli che lo temono. Ha
spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del
loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; […]
ricordandosi della sua misericordia, come aveva detto ai nostri padri, per Abramo
e la sua discendenza, per sempre» (Lc 1,50-55).
Dal Vaticano, 8 dicembre 2018
Francesco
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[1] Cfr Lc 2,14: «Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli
uomini che egli ama».
[2] Cfr Le Porche du mystère de la deuxième vertu, Paris 1986.
[3] Lett. ap. Octogesima adveniens (14 maggio 1971), 46.
[4] Enc. Caritas in veritate (29 giugno 2009), 7.
[5] Cfr Discorso alla mostra-convegno “Civitas” di Padova: “30giorni”, n. 5 del
2002.
[6] Benedetto XVI, Discorso alle Autorità del Benin, Cotonou, 19 novembre 2011.
[7] Enc. Pacem in terris (11 aprile 1963), 24.
 
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