Semaforo verde per il nuovo studentato di Matera. Giovedì 5 dicembre, alle 10 presso il Campus universitario in via Lanera, ci sarà una conferenza stampa per presentare il progetto e contestualmente saranno consegnati i lavori. Come sede, il Dipartimento...
Si avvia al termine la venticinquesima edizione del Festival Duni di Matera: La guerra dell’acqua di martedì 5 e Le Délire des lyres di giovedì 7 condurranno il pubblico verso il gran finale, la maratona multidisciplinare dedicata alla figura di Pulcinella, in programma domenica 10 novembre.Ancora una volta la programmazione del festival dedicato alla musica antica apre le porte all’espressione contemporanea ospitando il duo de Rossi Re-Festa in doppia programmazione nelle sale di Palazzo Bernardini a Matera: martedì 5 novembre alle ore 20:00 per la prima nazionale dell’azione musicale La guerra dell’acqua. L’opera, che si avvale dei testi e della drammaturgia di Rosalia Stellacci, delle musiche di Fabrizio de Rossi Re e Fabrizio Festa, con Fabrizio De Rossi Re al pianoforte, voce e melodica e Fabrizio Festa al pianoforte e sintetizzatore, è un’azione musicale dedicata al dramma della scarsità dell’acqua e ai possibili conflitti connessi. “Dalla lunga amicizia che ci lega è emerso un tema, La Guerra dell’Acqua, cui entrambi siamo sensibili” spiega Fabrizio Festa “animati anche dalle comuni passioni politiche. Che i musicisti, e gli artisti in genere, non possano solo stare a guardare, ma debbano perlomeno dire la loro, crediamo, infatti, sia non solo doveroso, ma necessario. Le guerre dell’acqua non sono, del resto, una prospettiva lontana nel futuro. I conflitti sono già in corso, anche se non sono sempre visibili. E sono al tempo stesso guerre di paradigmi – conflitti su come percepiamo e viviamo l’esperienza dell’acqua – e guerre tradizionali. Questi scontri fra culture dell’acqua si stanno verificando in ogni società. Le guerre per l’acqua” continua “esprimono anche la rivendicazione al diritto di un futuro, diritto che viene vieppiù negato e conculcato da un capitalismo incapace di andare oltre l’ordinaria amministrazione del profitto immediato. Gli artisti non possono restare indifferenti ai molti fenomeni che testimoniano tale veloce progressione. Anche noi cerchiamo di far sentire la nostra voce, nella speranza che presto si trasformi in una polifonia di molteplicità, in una robusta solidarietà di diversi”. Un altro duo, questa volta di interpreti barocchi provenienti dalla Francia, si esibirà giovedì 7 novembre alle ore 20:00 a Palazzo Bernardini: Francisco Mañalich e Marco Horvat dell’Ensemble Faenza eseguiranno il programma di un loro fortunato disco intitolato “Le Délire des lyres” (titolo che gioca sull’assonanza in francese tra le parole deliri e lire, ossia gli strumenti musicali a corde).Francisco Mañalich e Marco Horvat sono tra i rarissimi interpreti contemporanei ad aver raccolto il testimone della tradizione della monodia barocca, del canto sullo strumento. Marco Horvat lo pratica da anni accompagnandosi con la tiorba, il liuto o la lira; Francisco Mañalich lo ha sviluppato in modo molto originale sulla viola da gamba, uno strumento che nel XVII secolo si diceva adatto all’accompagnamento autonomo. Questi due musicisti, con voci e strumenti perfettamente complementari, hanno costruito insieme un programma a loro adatto, dove le numerose combinazioni di voci e strumenti danno vita ad un repertorio unico. Il gioco di assonanze della lingua francese tra “lyres” (plurale dello strumento a corde lira), e “délires” (deliri) non è traducibile in italiano ma il senso è facilmente comprensibile, ed esprime bene l’essenza di questo programma. “Cantare senza essere costretti ad accomodare altri che sé stessi, come scriveva Giulio Caccini, è una disciplina che apre vasti orizzonti all’interprete e all’ascoltatore” spiega Marco Horvat “Permette un grado di libertà che troppo raramente è concesso dalla complicità tra il cantante e il suo accompagnatore, anche se profonda e sostenuta da un lavoro rigoroso. Fondere il suono delle corde pizzicate o strimpellate con le inflessioni della voce, sostenere delicatamente la voce con un accordo o una nota o, al contrario, infonderle un’energia ritmica che non troverebbe da sola: questo è stato fatto fin dalla notte dei tempi. Che si tratti della lira degli antichi, dell’arpa dei trouvères e dei trovatori, del liuto dei contemporanei di Ronsard, della viola di Hume, del chitarrone di Caccini o della tiorba di Lambert, il principio è lo stesso: creare uno spazio sonoro in cui “la voce sia libera”, L’Ensemble Faenza, di cui Marco Horvat è fondatore, è una formazione musicale con un repertorio dedicato alle musiche composte tra il XIV e il XVII secolo da musicisti affermati, capaci di passare con facilità dallo strumento al canto, dal canto al parlato, dall’entre-soi dei musicisti barocchi all’interazione con il pubblico. Grazie alla preziosa presenza di interpreti poliedrici e ai regolari scambi con i ricercatori, l’Ensemble Faenza svolge un lavoro che dà costantemente il posto d’onore a testi, musiche e pratiche che meritano di essere riscoperte. Horvat con il suo gruppo è già stato ospite al Festival Duni alcuni anni presentando con successo un’opera di Egidio Romualdo Duni, Les deux chasseurs et la laitiére.