venerdì, 29 Marzo 2024

Delicato come una farfalla, imprevedibile come la vita, dolce come l’amore… La casa delle farfalle (Rizzoli) di Silvia Montemurro è un viaggio nei sentimenti, nelle contraddizioni del destino che attraversano generazioni di donne di due famiglie tanto distanti – Italia e Giappone – quanto vicine, unite dall’irrazionalità dell’amore, da scelte estreme e dolorose, da colpe (o presunte tali) di madri che ricadono sulle figlie… Sullo sfondo una casa che ha una stanza dedicata alle farfalle, una casa che “ti ingurgita, ti ammalia”, la casa dove è vissuta nonna Lucrezia e nella quale Anita torna dalla Germania dopo aver lasciato il compagno e il lavoro.
Secondo una leggenda giapponese, le anime dei defunti che ci hanno amato tornano in vita, prendendo le sembianze di farfalle bianche.
“La vita di una farfalla è breve. – si legge – Il suo battito d’ali si consuma in pochi giorni. Ma quegli attimi d’amore rimangono impressi come piccoli istanti di felicità, nel cuore di chi resta.
Ma vedi, figlia mia, ci sono fatti che ti segnano e che non puoi cancellare. Te li porterai dietro per sempre, anche nei momenti più belli della tua vita”.
Tutte le donne della Casa delle farfalle si portano dietro un carico di dolore che è, appunto, incancellabile: a iniziare da Lucrezia, alla figlia Margherita fino alla nipote Anita che nasconde un segreto pesante, capace di averle rovinato la carriera e la vita personale ed averla costretta a rifugiarsi nel luogo della sua infanzia, sul lago di Como.
Anita incontra casualmente una bambina dai tratti giapponesi e dalla voce meravigliosa che vive poco distante dalla casa delle farfalle. La piccola vive con il padre e si lega subito ad Anita che però deve affrontare, ogni volta che incontra i due, l’ostilità di Margherita, contraria alle loro frequentazioni. All’improvviso riemerge dal passato una storia – la vera storia – che ha coinvolto la nonna Lucrezia. Scavando nel passato, Anita a poco a poco scopre che la sua famiglia e quella della bimba giapponese sono indissolubilmente legate. Tutto ha origine nel 1943, quando la casa di Lucrezia viene occupata da alcuni ufficiali tedeschi. Tra lei e Will, uno degli ufficiali, nasce una dirompente storia d’amore, ma la guerra sembra ostacolarli…
La casa delle farfalle è una storia di donne, spesso sole, in balia dell’amore o dell’illusione dell’amore, sospese tra il desiderio di essere felici e l’angoscia di poter soffrire o poter far soffrire. Alla potenza dirompente dei sentimenti femminili si lega quasi sempre la mancanza di coraggio degli uomini, l’incapacità di buttarsi nel vuoto in nome dell’amore e rimanere – forse – in una bolla di infelicità e irrisolutezza. Non tutti gli uomini, per fortuna: alcuni sacrificheranno se stessi proprio in nome dell’amore.
“Ci sono amori che sono come piante bellissime: crescono in mezzo al fango, inizialmente non visti. Ma poi sbocciano e tutti si rendono conto della meraviglia che si sono persi. E ne diventano quasi gelosi. Allora possono decidere: proteggere la bellezza o distruggerla. Il loro amore era così. Per quanto facessero, per quanto provassero, ci sarebbe stato sempre qualcun altro in mezzo a loro. Qualcuno poco sensibile ai fiori nati sul selciato”.
Con questo romanzo Silvia Montemurro si affranca dal pubblico di teenagers al quale si era rivolta con alcuni testi precedenti e, con una trama fitta e appassionante, riesce ad abbracciare un’ampia platea di lettori: le sue farfalle le permetteranno di volare ancora più in alto nel panorama letterario.
 
Come è nato il romanzo La casa delle farfalle?
“Come nascono tutte le mie storie: da un’immagine, precisa, nella mia testa, che poi si fa sempre più ampia. In questo caso tutto è partito con la visione di una bambina giapponese, appoggiata alla balaustra, davanti al lago di Como, che canta una canzone, mentre sta calando la sera. Da lì aggiungi il mio amore per le vicende ambientate durante la seconda guerra mondiale e per le farfalle. Il gioco è fatto”.
La maggior parte delle donne della Casa delle farfalle si abbandona ciecamente all’amore salvo poi pagare uno scotto troppo grande. Perché ha scelto percorsi così dolorosi per le donne che descrive nel suo romanzo?
“Alzi la mano la donna che non ha mai provato pene d’amore. Io devo ancora conoscerne una, senza tali ferite. Volevo scandagliare i rapporti amorosi, i motivi per cui certe relazioni finiscono e le cicatrici che ci lasciano sulla pelle. C’è una donna, nel mio romanzo, però, che in un uomo trova la propria salvezza. Ognuno ha il proprio percorso”.
Tra le varie storie narrate, qual è quella che l’ha coinvolta maggiormente?
“Se devo proprio decidere, quella di Margherita. È una figura forse meno potente delle altre, ma la sua storia, in particolare il rapporto controverso con la madre, mi ha fatto commuovere mentre scrivevo. Mi sento molto vicina a lei e alla sua fame d’amore”.
Rispetto ai suoi ultimi romanzi, essenzialmente Young Adult, La casa delle farfalle si rivolge a lettori più adulti. Questo ha comportato particolari difficoltà nella stesura?
“Certo. Ogni romanzo porta con sé difficoltà, che sia rivolto a piccoli o grandi lettori. Questo, poi, parla di una parte importante della nostra storia. Mi sono dovuta documentare molto. Ho letto tantissimo”.
È come se ci fosse una linea sottile tra Italia, Germania e Giappone. C’è anche una lunga parentesi sulla seconda guerra mondiale: come ha fatto per rendere realistiche sia le ambientazioni sia le vicende narrate?
“Ho avuto il piacere di parlare con persone esperte, che mi hanno dato consigli e informazioni, che si sono aggiunte alle mie reminiscenze della storia studiata sui banchi di scuola. Non solo: da queste persone ho ricevuto anche materiale inedito sui luoghi da me prescelti. In particolar modo Iren Briz, figlia di un partigiano di Dongo, è stata una risorsa preziosa per avere una testimonianza quasi diretta su quello che successe. Anche lo stesso Museo della fine della guerra, a Dongo, mi è stato molto utile”.
Le farfalle occupano un ruolo di primo piano. Lei descrive minuziosamente le varie specie. Anche in questo caso, come si è documentata?
“Con molti testi scientifici, ovviamente. E visitando alcuni tra i più affascinanti farfallari d’Italia. Un simpatico signore di Tavernerio mi ha aperto il suo privato farfallario e mi ha illustrato varie specie di lepidotteri che allevava, nonché il procedimento di trasformazione da bruco a farfalla”.
Prima che scrivesse questo romanzo, avevano per lei un significato particolare?
“Da bambina ero talmente affascinata dalle farfalle, che rimanevo ore a leggere le descrizioni accurate dei lepidotteri e guardarne le immagini. Sì, credo che questo romanzo fosse già scritto nel mio destino”.
Silvia Montemurro, classe 1987, vive a Chiavenna, piccolo paese in provincia di Sondrio. Nota finora come autrice Young Adult – tantissime le visualizzazioni sulla piattaforma Wattpad di Shake My Colors (Sperling & Kupfer) tra il 2016 e il 2017, si è affacciata nel mondo dell’editoria nel 2013 con L’inferno avrà i tuoi occhi (Newton Compton), segnalato dal comitato di lettura del Premio Calvino. Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Cercami nel vento(Sperling & Kupfer), che ha ottenuto il secondo posto al Premio Letterario Under 30 Città di Como e il Premio Pegaso Città di Cattolica.
Rossella Montemurro
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