venerdì, 26 Aprile 2024

C’è un momento perfetto per diventare madri? Forse no, forse si è fuori sincrono nella maggior parte delle volte. Se poi accade per caso, in un periodo in cui si è troppo giovani o troppo occupate o troppo sole o ancora troppo figlie, una gravidanza perde inevitabilmente quella magia che dovrebbe avere, non è uno “stato di grazia” (ammesso che lo sia anche in altri contesti) e si trasforma in un peso. Un macigno.

Accade a Luciana, Valentina e Cecilia. Sono loro, tre ragazze romane, le protagoniste di Lontano dagli occhi (Feltrinelli), il nuovo, intenso, romanzo di Paolo Di Paolo.

Vite che hanno in comune solo la Capitale e subiscono all’improvviso una svolta. Siamo all’inizio degli anni Ottanta (e sembrano anni lontanissimi), niente cellulari né mail, solo telefoni a gettoni, lettere scritte a mano, radio e mangianastri. È in questa “lentezza” che si dipanano nove mesi di attesa, dubbi, blackout. Ripensamenti, soprattutto.

Luciana lavora in un giornale sull’orlo della chiusura. Continua a seguire eventi e a scrivere pezzi mentre la sua pancia cresce insieme all’ossessione di avere di nuovo accanto l’“Irlandese”, quell’uomo dai capelli rossi che conosce pochissimo – ma è convinta di conoscerlo da sempre – e che con molta probabilità è fuggito via dopo aver saputo della gravidanza. Innamorata, vive nel ricordo degli attimi passati insieme e nell’illusione di un futuro. Insieme. Mentre dentro di sé, dirompente, si fa spazio un’atra vita che i suoi pensieri li occupa molto poco.

Poi c’è Valentina, tutta l’irruenza dei suoi 17 anni bloccata quando è rimasta incinta. Come ha interrotto ogni dialogo con Ermes perché in famiglia sono stati fin troppo chiari: quel bambino nascerà e sarà dato in adozione in modo che lei potrà continuare gli studi. Come se niente fosse.

“Come sono cambiate le cose. Non poter decidere niente. Questo scherzo orrendo che la vita può farti a diciassette anni – restare incinta è solo uno dei problemi, il primo o forse l’ultimo, ma il fatto più assurdo, più impensabile, è che non si può tornare indietro. C’era un prima. E adesso c’è solo un dopo. Il prima era la sua vita. Il dopo è questa follia per cui si ritrova da sola con una pancia di quasi otto mesi, a vagare di notte per la città, e poi a piangere in una stanza squallida. Nemmeno nell’incubo più nero si poteva arrivare a tanto.”

Nel frattempo Ermes, con i suoi amici, è incapace di festeggiare al Circo Massimo lo scudetto della Roma, incapace di pensare, lui appena diciottenne, a un figlio – sarà davvero suo quel bambino?

Cecilia, infine, con la sua vita vissuta ai margini, alla giornata, in fuga da una famiglia troppo autoritaria, con il suo cane Giobbe vagabonda tra case occupate e musicisti di strada. Un figlio lo aspetta da Gaetano, che vende pizza a taglio al quartiere San Giovanni ma i suoi sogni erano altri: “Nella vetrata ha visto prima un riflesso, una macchia di luce appena un po’ rifratta, una sagoma familiare. Qualcosa gli dice che è lei, anche se non la vede da parecchio. Anche se si sono persi d vista, perché certi incontri nascono così, con la certezza quasi matematica che ci si perderà di vista. E va bene comunque, inutile forzare destini che sembrano già netti come premonizioni.  Poi non gli tona che non ha con sé il suo cane. (…)

Non c’è il cane, ma lei sembra proprio lei. Non ha più il ciuffo rosa, ha i capelli cortissimi, una striscia rosso fuoco da un lato. Stivali fuori stagione, il solito bracciale borchiato. Ma c’è dell’altro – qualcosa che al confronto con l’assenza del cane o il nuovo taglio di capelli è sconcertante -, è la pancia gonfia, tesa, di gravidanza avanzata. La ragazza non sembra in imbarazzo, Gaetano lo è.”

“Lontano dagli occhi, lontano dal cuore”, come la canzone di Sergio Endrigo che in questo romanzo si carica di altri significati, senza perdere il proprio. Di Paolo è stato bravissimo nel dar voce alle sensazioni di queste tre donne alle prese con qualcosa di molto più grande di loro che spiazza, confonde, annichilisce. Tramortite dall’amore, o da quel che speravano lo fosse. Sole, a scendere a patti con una nuova dimensione.

Nelle primissime pagine ci sono i padri, il loro ruolo cruciale e poi, via via quasi inconsistente, perché “un uomo che sta per diventare padre non lo riconosci da niente. – scrive Di Paolo – Nessuno gli cede il posto, nessuno gli fa gli fa largo, nessuno suppone di doverlo proteggere, o compatire. Può uscire con una ragazza, bere con lei, fare il brillante: nulla, della sua attesa, sarà svelato. Può lui stesso, per qualche ora, dimenticare, e non sarà certo il corpo a ricordarglielo. Affamato, eccitato, stanco, però come sempre”. Uomini distanti pur con una presenza ingombrante e donne perse in un futuro tutto da scoprire.

Paolo di Paolo è nato il 7 giugno 1983 a Roma. Nel 2003 un suo racconto rientrò tra i cinque finalisti nazionali del Premio Campiello Giovani nel 2003 e fu inserito in una raccolta inedita, Nuovi cieli, nuove carte. Ha pubblicato i romanzi Raccontami la notte in cui sono nato (2008, prima edizione Giulio Perrone Editore), Dove eravate tutti (2011, Premio Mondello e Super Premio Vittorini) e Mandami tanta vita (2013, Premio Salerno Libro d’Europa, Premio Fiesole Narrativa e finalista Premio Strega), nel catalogo Feltrinelli e tradotti in diverse lingue europee. Molti libri sono nati da dialoghi: con Indro Montanelli, a cui ha dedicato Tutte le speranze (2014, Premio Benedetto Croce), con Antonio Debenedetti, Dacia Maraini, Raffaele La Capria, Antonio Tabucchi, Nanni Moretti. Ha pubblicato tra l’altro Ogni viaggio è un romanzo (2007), per i bambini La mucca volante (2014, finalista Premio Strega Ragazze e Ragazzi), per il teatro Istruzioni per non morire in pace (2015). Scrive sulle pagine culturali di diversi quotidiani e settimanali.
Rossella Montemurro
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