giovedì, 28 Marzo 2024

Riceviamo e pubblichiamo il messaggio che l’arcivescovo mons. Antonio Giuseppe Caiazzo ha rivolto ai giovani:

Carissimi,

mi rivolgo soprattutto a voi giovani: Buon Anno 2021!

In questi giorni ho ascoltato spesso una canzone di una grande cantante, Fiorella Mannoia: “Padroni di niente”. La trovo davvero… meravigliosa.

Veniamo da un anno difficile, pieno di restrizioni, di sofferenze, privazioni, paure e desiderio di libertà. Malgrado ciò, all’inizio di questo nuovo anno ci rendiamo conto che siamo tutti più ricchi perché abbiamo imparato molto dalla vita. Vita che ci ha chiesto di essere accolta, apprezzata, vissuta, riempita di contenuti.

Sicuramente siamo tutti più poveri dal punto di vista economico, ma abbiamo imparato che nella vita bisogna guardare ciò che è oltre le cose visibili, quelle che lasciano il segno. Dice la nostra Fiorella: “Passa è certo che passa l’uomo cammina e lascia la sua traccia costruisce muri sopra gli orizzonti stabilisce confini, le leggi, le sorti sbaglia, sbaglia chi non cambia chi genera paura, chi alimenta rabbia la convinzione che non cambierà mai niente è solo un pensiero che inquina la mente”.

All’inizio di questo nuovo anno siamo chiamati a spogliarci di tante illusioni e rivestirci di altrettante speranze. Ve do dico da pastore, da padre, da credente: abbiamo tutti bisogno di guardare verso l’Altro, l’invisibile che si è reso visibile: Gesù Cristo! Voglio leggere in questa logica le parole della nostra cantante quando dice: “sarà che quando penso di voler cambiare il mondo poi succede che è lui che invece cambia me e poi e poi e poi sarà che quando sento di voler salvare il mondo poi succede che è lui che invece salva me”.

Gesù ha sposato la nostra vita: è lui che è pazzamente innamorato di ognuno di noi. E’ lui che ha assunto la nostra natura umana. Ci vuole rivestire della sua divinità. Se coglieremo questo, probabilmente anche noi, rivolgendoci a lui, diremo: “è lui che invece salva me”.

Ricordo quando, giovincello, anch’io venivo travolto dall’onda contestatrice e rivoluzionaria del 1968. Da allora ne è passato di tempo, ne sono state scritte di pagine di storia! Eppure oggi mi rendo conto che si sostengono le stesse rivendicazioni di allora. Ed è giusto che sia così. Ma… dobbiamo sapere che cosa realmente vogliamo.

Da allora ho imparato che la vita è bella se ciò che conquisti è frutto del tuo lavoro e, se sei animato da ideali che hanno un fondamento di verità, “nessuno si salva da solo”, direbbe Papa Francesco. Ricordo la gioia che provai quando, al termine del primo mese di lavoro come cameriere, ricevetti il primo stipendio: 90.000 lire (45 euro). Potevo comprare i libri e continuare a studiare senza pesare sulle già precarie condizioni economiche della mia famiglia. Papà e mamma non volevano che io durante l’estate lavorassi, ma la vita mi aveva insegnato che dovevo dare il mio apporto sacrificando le vacanze.

Carissimi giovani, ancora con Papa Francesco vi dico: “non lasciatevi rubare la vita. Non lasciatevi rubare i sogni. Non smettete di sognare”. Vorrei condividere tanto tempo con voi, soprattutto per ascoltarvi, scoprire i vostri desideri, le vostre attese. Mi piacerebbe confrontarmi con voi. Io ci sono. Se mi incontrate per strada e desiderate parlarmi, avvicinatevi. Se volete venire a trovarmi, sapete dove abito. Non ho ricette da offrirvi. Se me lo chiederete, di certo, potrò raccontarvi perché sono contento e chi mi fa felice: Gesù!

                                                                                                                                                                                                                                                                                    Questo tempo così lungo, di pandemia, ci ha fatto capire che dobbiamo lavorare per una società completamente nuova. Ho imparato anche nella preghiera a non dire al Signore: “Aiutami a cambiare il mondo”!, bensì: “Signore, cambia me, perché io sia di aiuto al mondo”!

Impariamo a guardare la grotta di Betlemme con l’occhio di chi si stupisce di fronte al dono della vita. Contempliamo Dio che, pur di stare con noi ed aiutarci a respirare a pieni polmoni, ha deciso di seguire il corso naturale della vita: dal concepimento alla crescita nel grembo di una donna (Maria), dal parto alla crescita graduale “in sapienza, età e grazia”.

Nel presepe c’è la nostra storia, quella di ogni famiglia che vive precarietà, difficoltà, emarginazione, sofferenza ma anche la ricchezza della luce divina. Luce che inonda sia i pastori che vivevano ai margini della società, sia i re magi, persone notabili, conoscitori dell’astronomia e intellettuali.

Com’è tradizione nella Chiesa, io terrò esposto il presepe fino al 02 febbraio, giorno della presentazione di Gesù al Tempio (Candelora). Se vi va, possiamo contemplarlo insieme e fare le nostre riflessioni.

Un’ultima cosa. Ho pensato di inviarvi, mensilmente, un breve pensiero. Potrete leggerlo ma anche cestinarlo. Sto riflettendo sulle modalità insieme all’equipe della Pastorale Giovanile diocesana e a quella Universitaria.

Infine gli auguri: non vi auguro che quest’anno sia migliore di quello appena terminato. Non vi auguro di trovare una “sistemazione”. Non vi auguro di essere promossi. Non vi auguro di incontrare l’amore… Auguri in sé importanti ma …. vi auguro di dare senso alla vostra vita, di riempire i vuoti attorno a voi e forse anche in voi. Vi auguro, con S. Giovanni Paolo II, “prendete la vostra vita in mano e fatene un capolavoro”.

Concludo con le parole di due bravi giovani siciliani che in questo tempo di pandemia ci hanno accompagnato con i loro divertenti videomessaggi. Nell’ultimo, pensando al 2021, alla fine dicono: “Noi possiamo recuperare se non dimentichiamo ciò che c’è mancato. Se non dimenticherai che l’abbraccio di tuo padre non è scontato, che le risate con i tuoi amici non sono ovvie, se non dimenticherai che conoscere una persona nuova o fare un viaggio ti può cambiare la vita. Tu potrai recuperare se quando tutto sarà normale quella normalità la combatterai e tornerai a stupirti di tutto quello che ci capita intorno. Forse allora, soltanto allora, anche il 2020 sarà servito a qualcosa”.

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