venerdì, 14 Febbraio 2025

Era un giorno di fine inverno, il cielo grigio e le strade deserte, che Carmine si sedette accanto a me, al bar dove ci incontravamo spesso. Aveva sempre lo stesso sorriso sornione, ma quel giorno c’era una profondità nei suoi occhi che non avevo mai notato prima.
“Ti ho mai raccontato di mio padre?” mi chiese, e io, curioso, risposi di no.
“Beh,” iniziò, tirando fuori una sigaretta, “questa è una storia strana, ma forse è anche la più importante della mia vita. Mio padre era un uomo che, per me, era il mondo intero. L’ho sempre visto come una roccia, un faro nella tempesta. Ma per anni, quel faro ha cominciato a spegnersi, lentamente. Mio padre beveva. Non tanto, ma abbastanza da farsi sentire. E io non capivo. Non capivo come una persona potesse autodistruggersi così, lentamente, giorno dopo giorno.”
Si fece una lunga pausa, come se stesse ricostruendo quel momento nella sua mente.
“Un giorno, una di quelle mattine di sole che ti accarezzano il viso senza scaldarti davvero, mi svegliai tardi. Mi ero appena alzato dal letto, gli occhi ancora appannati dal sonno, e camminai in cucina. E lì lo trovai. Mio padre. Non stava facendo nulla di strano, ma… c’era qualcosa di inquietante nel suo comportamento. Aveva una lunga canna di legno, quella che usava per spostare i mobili quando facevamo le pulizie. La stava muovendo nell’angolo della stanza, come se cercasse qualcosa. Mi avvicinai piano, senza fare rumore.”
Carmine si fermò, come se il ricordo fosse ancora vivo. Lo guardai, in silenzio, lasciandogli il tempo di respirare.
“Papà, che stai facendo?” gli chiesi, quasi per paura della risposta. E lui, senza alzare lo sguardo, mi disse: “Sto uccidendo i ragni.”
Mi guardò con un’espressione che non riuscivo a decifrare, come se stesse cercando di capire la reazione che avrei avuto.
“Non c’era nulla lì, nessun ragno. Era tutto immaginato. Il suo sguardo, però, era vuoto. E io lo guardai, e in quel momento qualcosa scattò dentro di me, come un piccolo squarcio nella sua corazza. Mi accorsi che non era solo la sua testa a essere vuota, ma anche la sua vita, quella che prima sembrava così solida, ora era solo un cumulo di frasi senza senso. Un uomo che, per settimane, aveva combattuto battaglie contro nemici invisibili, senza sapere più chi fosse. E quel giorno mi chiesi: ‘Cosa mi sta succedendo? E se anch’io, un giorno, fossi diventato così?’
Carmine continuò, la voce che ora tremava di emozione.
“Piansi. Non sapevo più cosa fare. Sentivo un dolore profondo nel cuore, come se il peso di quella situazione mi schiacciasse. Mio padre, l’uomo che avevo sempre visto come la mia roccia, era distrutto. E mi resi conto che non era solo lui a lottare contro i demoni, ma io stesso. Forse non ero ancora come lui, ma stavo seguendo la stessa strada. Mi stavo perdendo. Non so quanto tempo passò, ma quel giorno fu uno spartiacque. Sentii che dovevo fare qualcosa. Dovevo salvarmi, prima di essere troppo tardi.”
Si fermò un attimo, la voce bassa. “Quel giorno, per la prima volta, mi dissi che avrei dovuto disintossicarmi. Non sarebbe stato facile, lo sapevo. Ma decisi che dovevo farlo per me, per mio padre, per tutto quello che avevo perso e che stavo per perdere.”
Mi guardò negli occhi, il suo sorriso ora un po’ più vero.
“La strada non è mai facile. I giorni senza la bottiglia sono stati terribili. La lotta contro il desiderio, la solitudine, la rabbia. Ma ogni volta che cedevo alla tentazione, pensavo a mio padre. Pensavo a quella canna che muoveva nell’aria, a quella vita che si stava dissolvendo, e mi dicevo che non volevo finire così. Ogni passo, ogni piccola vittoria, mi avvicinava alla libertà. E alla fine, ce l’ho fatta.”
Mi prese la mano, un gesto che non si aspettava, ma che mi commosse.
“Oggi mio padre non c’è più,” disse con un sospiro profondo. “Se n’è andato troppo presto, prima che potessi fargli capire quanto lo amassi, quanto gli fossi grato. Ma quella domanda che mi fece: ‘Papà, che stai facendo?’ è quella che ha cambiato tutto. È stato il momento che mi ha fatto capire che non potevo più ignorare quello che stavo diventando.”
Guardandomi, Carmine concluse: “A volte, la vita ci mette di fronte a momenti che non possiamo evitare, momenti che ci costringono a guardare in faccia noi stessi. E se siamo fortunati, come me, quei momenti possono diventare la forza che ci salva.”
Mi alzai, sentendo un rispetto immenso per lui. Non aveva solo raccontato una storia. Aveva condiviso la sua rinascita. E quella storia, sebbene dolorosa, era il suo atto di coraggio più grande.

Nicola Incampo

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