giovedì, 25 Aprile 2024

Un serial killer a piede libero, una donna spietata e un poliziotto integerrimo. Sullo sfondo, la quarta mafia che agisce indisturbata lasciando una lunga scia di sangue in una Foggia sbigottita.

Sono questi gli elementi del nuovo thriller di Piernicola Silvis La Lupa (SEM), sequel del brillante Formicae. Diego Pastore, Renzo Bruni, Foggia e il suo hinterland ritornano in una trama adrenalinica che alterna le indagini serrate della polizia a una guerra tra clan senza esclusione di colpi, con un modus operandi sempre più efferato, alla mente perversa di zio Teddy. E c’è una figura femminile preponderante – che di femminile però ha solo l’identità sessuale -, Sonia Di Gennaro, la Lupa, moglie di uno dei capoclan più potenti della Capitanata ma, di fatto, lei stessa deus ex machina priva di qualsiasi moralità.

Renzo Bruni, direttamente dallo SCO di Roma, dovrà combattere una battaglia serrata su più fronti. Bruni ha ripreso la caccia al serial killer pedofilo che, nonostante fosse rimasto gravemente ferito in un conflitto a fuoco con i poliziotti (accade nelle ultime pagine di Formicae), è stato aiutato a fuggire dall’ospedale di San Giovanni Rotondo nel quale era ricoverato e, contemporaneamente, si ritrova a indagare su un’escalation di omicidi – vendette tra clan rivali. Non solo, il suo matrimonio è ormai agli sgoccioli a causa dell’incapacità di conciliare al meglio la vita lavorativa con quella privata.

L’incipit è quanto mai forte, a tratti disturbante, ma rende bene la cifra stilistica di un autore di thriller tra i migliori nel panorama contemporaneo. Silvis descrive con lucidità e senza censure una scena da brividi: Sonia Di Gennaro, fredda e implacabile, filma uno dei suoi affiliati mentre strangola un giovane testimone involontario con una corda di pianoforte, per poi farlo a pezzi e disporlo tra la carne di seconda scelta in una macelleria fidata. La “colpa” di Matteo, uno studente universitario, è quella di aver assistito per caso a un’esecuzione, di conoscere il killer e di aver fatto il suo nome alla polizia. Gli infami devono pagare con il sangue. C’è solo un’altra persona che raggiunge gli stessi livelli di crudeltà ed è Diego Pastore che, per uno scherzo del destino (dire di più significa fare spoiler) si ritroverà affiliato al clan della Lupa…

Silvis ha scritto con dovizia di particolari una trama serrata, ricca di dialoghi e di situazioni al limite. Sembra la sceneggiatura di un film, sempre in bilico tra sete di giustizia e vendette che sfociano nel sangue. Il quadro che viene fuori è piuttosto torbido e ricalca, in parte, la realtà: la situazione del Foggiano, un’emergenza non più procrastinabile, il problema degli organici ridotti delle forze dell’ordine e un pericoloso asservimento di alcuni uomini politici alla malavita locale.

Piernicola Silvis (1954), dirigente della Polizia di Stato, nel corso della carriera è stato capo delle Squadre Mobili di Vicenza e Verona, dirigente dei commissariati di Pubblica Sicurezza di Vasto e Senigallia, capo di gabinetto della questura di Ancona, vice questore vicario di Macerata, questore di Oristano e fino ad agosto dello scorso anno, questore di Foggia. Ha pubblicato Un assassino qualunque (2006), L’ultimo indizio (2008), Gli anni nascosti (2010) e Formicae (2017). I suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue.
 
 
 
L’INTERVISTA

 
La Lupa è sostanzialmente il sequel di Formicae. È stato spinto più dal desiderio di riportare alla ribalta Renzo Bruni o da quello di evidenziare il “sommerso” delle guerre tra clan nel Foggiano?

“Entrambe le cose. Desideravo continuare a fare fiction ma con un protagonista molto vero, un poliziotto di cui mi piacerebbe che i lettori si innamorassero. E, visto che qualcuno legge le mie cose, perché non far conoscere al Paese la verità sulla mafia foggiana e del Gargano? Mi sembrava un’operazione utile: diciamo una sorta di “fiction sociale””.

Questa volta in primo piano c’è la quarta mafia. Quanto ha contribuito la sua conoscenza diretta del territorio e dei fenomeni criminosi nella stesura del suo volume?

“Ovviamente molto. Fare il questore di Foggia per tre anni e mezzo ti dà un bagaglio di conoscenze impareggiabile, e inoltre fare il funzionario di polizia per trentasei anni ti fa conoscere cose che nessuno, per quante ricerche possa fare su Google, riuscirà mai a sapere”.

C’è un personaggio che per lei è stato più complicato descrivere?

“Nessuno, i personaggi di Lupa sono tutte figure che sentivo mie, quindi facili da descrivere. Se però devo indicare il personaggio che in questo romanzo ho amato di più, a parte ovviamente il protagonista Renzo Bruni, non ho dubbi: John Dexter Piazzolla. Spesso ringrazio quella mattina piovosa in cui, non so perché, mi venne in testa quest’uomo ruvido e disperato. Lo trovo stupendo”.

Perché ha scelto di estremizzare un’indole violenta e crudele in una donna, Sonia DI Gennaro?

“In realtà, non avevo scelta: chi legge La Lupa lo capisce dalla trama, e non dico altro sennò i lettori mi inseguono. Ma non ho avuto problemi a farlo. A parte i personaggi maschili di basso livello che da anni invento, sono convinto che, quando c’è da essere buoni o cattivi, non ci sia troppa differenza fra uomini e donne. E comunque, ripeto: non potevo fare diversamente”.

Il suo thriller, La Lupa è, per certi versi, anche un omaggio al lavoro complesso delle forze dell’ordine e alle inevitabili ripercussioni nel privato. Nell’agosto 2017, dopo 36 anni, ha lasciato il servizio in Polizia. Quanto le manca l’adrenalina del suo lavoro?

“Mi manca il rapporto con i colleghi, ma non mi manca l’adrenalina: troppa fa male al cuore. In realtà, poi, la mia vita di lavoro è andata avanti, non si è fermata con la fine del servizio attivo. Scrivere libri e promuoverli è una cosa sicuramente stupenda, ma anche molto complessa. E’ un mestiere, ed ero arrivato a un punto in cui scrivere e fare il poliziotto erano diventati incompatibili. Ma sono stato fortunato, perché è intervenuta la pensione che ha consentito un passaggio dolce dalla polizia alla narrazione”.

Chi ha letto La Lupa chiede già un nuovo thriller. Accontenterà i suoi lettori?

“Lo so, già mi stanno arrivando dei feedback in questo senso. Non so se continuerò con una terza parte finale della trilogia di Foggia o se porterò Bruni in altre indagini e in altre città, o se scriverò un libro senza Bruni. Di idee ce ne sono tante, ma di Bruni comunque non sono stanco. Mi consente di andare in giro per l’Italia e oltre, cogliendo i pregi e i difetti della gente e delle società su cui indaga. In fondo, il thriller è una spettacolare macchina introspettiva, e consente di entrare nelle pieghe del mondo che ci circonda, dai capi di Stato ai diseredati. Perché non sfruttarla ancora?”

Rossella Montemurro

 
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