venerdì, 29 Marzo 2024

Pubblichiamo la lettera aperta del vescovo della diocesi di Pavia, Monsignor Corrado Sanguineti (foto AgenSIR), al ministro dell’Istruzione Onorevole Giulia Azzolina:

Gentile signora Ministro,

Le scrivo a doppio titolo: come cittadino italiano e come vescovo della diocesi di Pavia, città che lei ben conosce, avendo conseguito la Laurea in Giurisprudenza presso l’Alma Mater Ticinensis.

Come cittadino e come pastore, che cerca di essere attento ai bisogni e alle fatiche del suo popolo, mi permetto di scriverLe in forma di lettera aperta, per farmi voce di tre realtà importanti della nostra amata Nazione, che coinvolgono la vita di migliaia famiglie.

La prima realtà è il mondo ricco e multiforme della scuola pubblica paritaria che rappresenta un segmento rilevante della realtà scolastica in Italia: le scuole paritarie di ogni ordine e grado, come Lei sa meglio di me, sono il 24% del totale con oltre il 10% di allievi italiani. Si tratta di circa 900.000 studenti, 180.000 dipendenti e 12.000 istituti scolastici che svolgono un servizio scelto liberamente da molte famiglie, apprezzato e pubblico. Non riesco a comprendere sinceramente perché finora il Governo, in cui Lei riveste l’alta responsabilità di essere Ministro dell’Istruzione, si sia mostrato così poco attento alle necessità di questo mondo della paritaria con tre possibili danni:

  • il rischio di ridurre e di deprimere un patrimonio rilevante d’insegnamento, d’educazione e d’esperienza che vede spesso un’attiva collaborazione tra genitori e scuole;
  • l’oggettiva offesa al diritto d’esercitare la libertà educativa, propria dei genitori, nella scelta di una scuola che, nel rispetto del percorso dell’istruzione pubblica, offra un’impostazione ideale condivisa dalle famiglie che la scelgono;
  • un grave danno economico, perché facendo morire le scuole paritarie, lo Stato dovrà sobbarcarsi il costo di circa 2,4 mld di euro (tanto sarà il costo a carico dello Stato per studenti e docenti che passeranno alla scuola statale dismesse): inoltre metterà sulla strada 180.000 dipendenti che non potranno essere riassorbiti tutti dagli istituti statali. Come hanno scritto i vescovi italiani in un recente messaggio su questa delicata questione: « Le paritarie svolgono un servizio pubblico … permettono al bilancio dello Stato un risparmio annuale di circa 7.000 euro ad alunno: indebolirle significherebbe dover affrontare come collettività un aggravio di diversi miliardi di euro».

Si ha l’impressione di un “pregiudizio ideologico” che renda ciechi di fronte alla realtà, mettendo in pericolo il lavoro e il servizio di migliaia di cittadini italiani e non avendo nessuna considerazione per la libertà propria delle famiglie di indirizzare l’educazione dei propri figli anche nella scelta della scuola.

La seconda realtà è la scuola tutta: in questi mesi, le scuole sono rimaste chiuse; è vero che si sono attivate, con grande impegno dei docenti, forme d’insegnamento per via telematica. Tuttavia è una situazione pesante sulle spalle delle famiglie e vi sono difficoltà legate alla disparità economica e sociale: non tutti hanno computer e tablet per ogni figlio, non tutti i bambini hanno genitori in grado di seguirli nell’uso di questi strumenti. Per non parlare di chi ha figli con disabilità o deficit cognitivi. Inoltre, senza negare l’utilità di piattaforme digitali anche per la didattica, nulla può sostituire la lezione in classe, e l’esperienza dell’andare a scuola, stabilendo rapporti tra compagni e con i docenti: il bisogno di una relazione viva e diretta si fa imponente per i bimbi del nido, dell’infanzia e della primaria.

Ora noi rischiamo d’essere in Europa il primo paese che ha chiuso le scuole e l’ultimo che le riaprirà! Deve essere una preoccupazione primaria e un dovere assoluto per uno Stato moderno pensare e trovare soluzioni che permettano a settembre di riprendere in sicurezza le lezioni, e sarebbe auspicabile che almeno per i bambini dell’infanzia e del nido, si potesse prospettare una parziale ripresa d’attività nella prima parte dei mesi estivi.

La terza realtà su cui mi permetto di richiamare la Sua attenzione è la situazione che da anni affligge lo stato d’insicurezza dei numerosi docenti precari: dietro ciascuno e ciascuna di loro c’è una famiglia, che patisce un’ingiusta e prolungata precarietà. Si tratta d’insegnanti della scuola pubblica, statale e paritaria, che dopo anni di servizio, sono ancora appesi all’incertezza, magari costretti a sostenere concorsi poco dignitosi per avere ciò che dovrebbe essere un diritto acquistato sul campo: credo che uno Stato moderno deve trovare modi più adeguati per immettere progressivamente in ruolo questi docenti, senza i quali la scuola non potrebbe realizzare il suo servizio.

Le tre realtà che ho voluto richiamare e per le quali Le chiedo un impegno pieno e rispettoso dei diritti di tutti i soggetti, facendoci portatrice delle loro istanze nel Governo, sono decisive per il futuro del nostro paese, in questi prossimi mesi difficili che ci attendono.

Un Governo lungimirante e attento al bene comune dovrebbe mettere al primo posto l’educazione, la scuola, insieme all’università, alla ricerca e alla cultura, perché è qui che si formano gli uomini e le donne di domani, ed è qui che si costruisce un volto di una nazione realmente pluralista, libera, capace di promuovere il pensiero, l’ingegno e le risorse dei suoi cittadini.

Concludo e mi scuso se mi sono dilungato: forse, Signora Ministro, Lei si chiederà perché un vescovo scriva una lettera di questo tenore e contenuto a Lei. La risposta è semplice: perché sono mi sta a cuore la nostra bellissima Italia, terra così profondamente segnata dalla fede cristiana, e perché, come cristiano e come pastore, nulla di ciò che è umano mi è estraneo.

Conto sulla sua sensibilità e responsabilità, e attendo di vedere passi positivi nella Sua azione e nelle scelte del Governo per la promozione di una scuola all’altezza delle sfide e dei tempi.

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