martedì, 23 Aprile 2024

Oggi vorrei parlarvi di un Santo da tutti conosciuto e amato: San Francesco d’Assisi.

Francesco nasce ad Assisi nel 1182 da una famiglia di agiati mercanti.

Battezzato con il nome di Giovanni, il padre, Pietro di Bernardone, lo chiamava Francesco in onore della Francia da dove importa stoffe e dove ha preso moglie: Madonna Pica.

Francesco conduce una giovinezza spensierata: è chiamato il “re delle feste”.

La storia ci dice che nel 1202 partecipa alla guerra contro Perugia, ma, fatto prigioniero, torna a casa.

Desideroso di seguire l’ideale cavalleresco, nel 1205 parte per combattere i saraceni in Puglia, ma giunto a Spoleto, sente la voce di Dio che lo invita a tornare ad Assisi.

Obbediente rientra ad Assisi e comincia a prendersi cura dei poveri e dei lebbrosi.

Durante l’inverno, nella chiesetta diroccata di San Damiano, una voce, proveniente dal Crocifisso, gli parla: “Francesco, va’ e ripara la mia Chiesa, come vedi sta cadendo in rovina”.

Ecco perché, davanti al vescovo di Assisi, Francesco rinuncia all’eredità paterna e abbraccia una vita umile e povera.

Seguito da molti, nel 1208 fonda l’Ordine dei Frati Minori, chiamati in seguito Francescani,  e nel 1209 si reca a Roma da Papa Innocenzo III per chiedere l’approvazione  della Regola: egli vuole che i suoi frati vivano in pienezza il Santo Vangelo.

Nel 1212 accoglie Chiara con alcune compagne, fondando l’Ordine delle povere dame, dette Clarisse.

Nel 1224 ricevette le stigmate sul monte della Verna, quindi tornando ad Assisi, nel 1225 il Cantico delle Creature.

Infine, quasi cieco, muore il muore la sera del 3 ottobre 1026.

L’indomani, la salma veniva traslata solennemente dalla Porziuncola nella chiesa di San Giorgio in Assisi.

Per ricordare il Poverello ho scelto un passo del c. 37 della “Vita seconda di san Francesco d’Assisi” che Tommaso da Celano scrisse tra il 1246 e il 1247.

“Il vicario del Santo, frate Pietro di Cattanio, aveva osservato che a Santa Maria della Porziuncola arrivava un gran numero di frati forestieri e che le elemosine non erano così abbondanti da bastare alle necessità. Si rivolse allora a Francesco e gli disse: “Non so, fratello, cosa debba fare, perché non posso provvedere a sufficienza a molti frati, che giungono qui a frotte da ogni parte. Permetti, ti prego, che si conservi parte dei beni dei novizi, che vengono all’ordine, per farvi ricorso e spenderli al momento opportuno.”

“Fratello carissimo – rispose il Santo – Dio ci liberi da una tale pietà, che per un uomo, chiunque sia, ci comportiamo in modo empio verso la Regola”. E quello:” Allora, che debbo fare?” “Spoglia – rispose – l’altare della Vergine e portane via i vari arredi, se non potrai soddisfare diversamente le esigenze di chi ha bisogno. Credimi, le sarà più caro che sia osservato il Vangelo del Figlio suo e nudo il suo altare piuttosto che vedere l’altare ornato e disprezzato il Figlio. Il Signore manderà poi chi possa restituire alla Madre quanto ci ha dato in prestito.”(FF 653).

Tutta la vita di Francesco ha avuto come insegna questa povertà di donazione, ben lontana dalla miseria umiliante.

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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