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Il prof. Incampo: “Padre Tullio Favale, martire del nostro tempo”

Quando a scuola parlavo di martiri della fede, i ragazzi pensavano a personaggi di altri tempi, forse a santi che ci guardano nelle nicchie e dai quadri dalle chiese.

Ebbene no, anche il nostro tempo è un tempo di martiri.

Oggi voglio parlarvi di Padre Tullio Favale.

Padre Tullio nacque a Sacchetta di Sustinente (MN) in 10/12/1946.

Di famiglia operaia, perse il padre in tenera età per un incidente di lavoro. Entrò in seminario a Mantova nel 1957 dove intraprese gli studi normali della scuola media inferiore e superiore, proseguendo in teologia fino al terzo anno. Nel 1970 decise di uscire dal Seminario per verificare meglio la sua vocazione. Erano gli anni del post-Concilio ed il dibattito sull’identità del Prete si faceva più forte.

Fu per Tullio un periodo di travaglio ed inquietudine. Inizialmente rimase a casa, poi cambiò vari lavori e riuscì a diplomarsi geometra studiando alle scuole serali.

Non smise però di partecipare alla vita di diverse parrocchie, all’Azione Cattolica Diocesana e mantenere contatti di amicizia con gli ex compagni di seminario ed un gruppo di giovani del suo paese: gli amici.

Rimase comunque in perenne ricerca della sua strada, fino al 1978, quando sentì in modo potente, il richiamo alla vita sacerdotale, spesa per Dio e per gli uomini. Dopo un periodo di prova nella casa di formazione dei padri del P.I.M.E. (Pontificio Istituto Missioni Estere) di Busto Arsizio (VA) entrò nuovamente in seminario dai padri del P.I.M.E. a Monza (MI) riprendendo gli studi teologici dall’inizio.

Venne consacrato sacerdote il 6 Giugno 1981 nella Parrocchia di Cristo Re a Monza.

Chiese di partire subito per le missioni; impaziente, sembrava voler recuperare il tempo perduto. Fu destinato per la missione in Papua Nuova Guinea, la prima missione del P.I.M.E., riaperta nel 1980.

Fu mandato negli Stati Uniti, a Chicago, per perfezionare l’inglese e vi rimase circa un anno. A causa delle difficoltà politiche il visto per entrare in Papua Nuova Guinea si fece attendere a lungo.

I superiori chiesero allora a Tullio di dedicarsi all’animazione missionaria in Italia presso il Seminario del PIME per i liceali a Sotto Il Monte (BG), dove rimase un altro anno.

Sentendo il tempo che gli fuggiva e considerando la sua ormai non giovanissima età, chiese di andare in missione in qualsiasi altro posto. I superiori lo destinarono nelle Filippine. Partì da Milano il 3 ottobre 1983, fece sosta in India, a Hong Kong per visitare le missioni dei confratelli.

Giunse nelle filippine l’11 novembre 1983.

Venne ucciso l’11 aprile 1985.

Le Filippine, bellissimo paese disperso in più di cinquemila isole e isolette, sono dilaniate dalla guerra civile: da un lato l’esercito e le forze paramilitari del dittatore Marcos, dall’altro i guerriglieri di varia obbedienza, comunisti, mussulmani, tribali separatisti.

In mezzo il povero popolo e, dato che le Filippine sono a grande maggioranza paese cattolico, la Chiesa.

La storia dice nel villaggio di Tulunan, c’è una banda di forze paramilitari guidata dai fratelli Manero, nemici giurati dei missionari cattolici, perché questi difendono i poveri.

L’11 aprile i Manero si piazzano ad un incrocio da cui sarebbe dovuto passare Padre Tullio Favale e quando passa viene falciato da raffiche di mitra.

L’autopsia ci dirà che nel suo corpo furono trovate 21 pallottole.

Così muoiono i missionari vittime dell’odio e della violenza.

Pensate a noi è chiesto di spendere la vita giorno per giorno, per la stessa causa.

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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