venerdì, 29 Marzo 2024

Un giorno un alunno chiese: “Professore, ma perché dobbiamo pregare se nel Vangelo è scritto: ‘Il Padre vostro sa già di cosa avete bisogno’. Allora, perché ricordargli sempre quello che abbiamo bisogno?”

Risposi: “Tu hai una idea sbagliata della preghiera”.

Per prima cosa chiariamo che non è Dio che ha bisogno di noi e della nostra preghiera, ma noi che abbiamo bisogno di Lui.

Perché dobbiamo pregare allora?

Non per chiedere delle grazie, ma per metterci in un clima soprannaturale che ci aiuti ad amare Dio per sentire la Sua voce anche nelle distrazioni e nelle occupazioni della giornata.

Se non si prega la vita spirituale si riduce a qualche pio sentimento e prima o poi sicuramente muore.

Così come se non si mangia si deperisce e si muore.

Ma come facciamo a sapere che Dio ci ascolta?

È la fede che dice che Dio ci ascolta.

La fede infatti è l’unica certezza che noi abbiamo nel rapporto con Dio.

È bello rendersi conto che la preghiera è un rapporto di amore con Dio, che rimane misterioso, irraggiungibile.

Riflettete: la preghiera è un atto di amore a Dio, riconosciuto come Creatore e Padre.

Questo significa che la preghiera è un atto di umiltà, è un atto di fede ed è un atto di amore.

Ecco perché dobbiamo pregare col cuore cioè con sincerità e con amore, perché Dio viene in me e cambia a poco a poco la mia vita.

San Paolo ci ricorda che “Sono stato crocifisso con Cristo e non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me.” (Galati 2, 20).

Ecco perché dobbiamo pregare, perché Dio è l’unica fonte di gioia.

Un proverbio arabo dice: “L’uomo che non prega è come una fontana senz’acqua”.

Gesù ci dice: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano.”

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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