giovedì, 18 Aprile 2024

Tutti sappiamo che le famigerate SS naziste tenevano ben in vista nei loro cinturoni la scritta: “Gott mit uns”, cioè Dio è con noi!

Ma quale Dio? Certamente non il vero Dio, ma la caricatura di Dio.

Sarà capitato pure a voi di ascoltare un ragionamento che, apparentemente, sembra non faccia una grinza, ma che, invece, nasconde un’insidia terribile.

Pensate per esempio al ragionamento: “Tutte le religioni adorano Dio, ma Dio è uno solo! Allora una religione vale un’altra!”.

Che pericoloso trabocchetto!

È vero che Dio è uno solo, ma non deve sfuggirci che l’umo può fare di Dio una pericolosa caricatura.

Pensate a quelli che oggi ritengono di onorare Dio imbottendosi di materiale esplosivo e gettandosi in mezzo ai loro presenti nemici, seminando morte e distruzione in nome di Dio!

Ma questi gesti vengono compiuti in nome di quale Dio?

La verità è che questi gesti vengono compiuti in nome del dio dell’odio.

Il dio dell’odio non è il vero Dio, ma soltanto una caricatura di Dio.

Pensate invece a come è diverso il volto di Dio che ci ha fatto conoscere Gesù.

Riflettete.

Gesù sceglie di nascere povero e umile ridicolizzando la ricchezza.

Gesù va a mangiare con i peccatori e, a coloro che si scandalizzano dice: “Non sono venuto peri sani, ma per i peccatori”.

Gesù difende pubblicamente una donna adultera da una condanna di coloro che la frequentavano nascostamente.

Gesù va in casa di Zaccheo, che era ritenuto grande peccatore.

L’atteggiamento di Gesù stupiva e dava un fastidio enorme a coloro che usavano Dio solo per condannare, per colpire, per togliere la speranza.

Ecco perché Gesù un giorno raccontò tre parabole stupende che sono una meravigliosa e commovente fotografia del volto di Dio.

Vorrei fermarmi a riflettere sulla Parabola del figliol prodigo.

“Disse ancora: “Un uomo aveva due figli; il più giovane di loro disse al padre: ‘Padre, dammi la parte dei beni che mi tocca’. Ed egli spartì fra loro i beni. Di lì a poco il figlio più giovane, messa insieme ogni cosa, se ne partì per un paese lontano e vi dissipò la sua sostanza, vivendo dissolutamente. E quando ebbe speso ogni cosa, una gran carestia venne in quel paese, tanto che cominciò a essere nel bisogno.  Allora si mise con uno degli abitanti di quel paese, il quale lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci.  Egli avrebbe bramato sfamarsi con i baccelli che i porci mangiavano, ma nessuno gliene dava.  Allora, rientrato in sé, disse: ‘Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!  Io mi alzerò, andrò da mio padre e gli dirò: ‘Padre, ho peccato contro il cielo e contro te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servì.  Egli dunque si alzò e tornò da suo padre, ma, mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e fu mosso a compassione; corse, gli si gettò al collo, lo baciò e ribaciò.  E il figlio gli disse: ‘Padre, ho peccato contro il cielo e contro te; non sono più degno di essere chiamato tuo figlio’.  Ma il padre disse ai suoi servitori: ‘Presto, portate qua la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi; portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e rallegriamoci, perché questo mio figlio era morto ed è tornato a vita; era perduto ed è stato ritrovato’. E si misero a fare gran festa. Ora il figlio maggiore era ai campi; tornando, mentre fu vicino alla casa, udì la musica e le danze.  Chiamato uno dei servitori, gli domandò che cosa stesse succedendo.  Quello gli disse: ‘È giunto tuo fratello e tuo padre ha ammazzato il vitello ingrassato, perché l’ha riavuto sano e salvo’.  Egli si adirò e non volle entrare; allora suo padre uscì fuori e lo pregava d’entrare.  Ma egli, rispondendo, disse al padre: ‘Ecco, da tanti anni ti servo e non ho mai trasgredito un tuo comando; a me però non hai mai dato neppure un capretto per far festa con i miei amici, ma, quando è venuto questo tuo figlio che ha divorato i tuoi beni con le prostitute, tu hai ammazzato per lui il vitello ingrassato’. Allora il padre gli disse: ‘Figliolo, tu sei sempre con me e ogni cosa mia è tua, ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato a vita; era perduto ed è stato ritrovato’”.

Avete mai riflettuto che Gesù non conclude la parabola, infatti non ci dice cosa farà il figlio maggiore.

E sapete perché? Perché la risposta deve darla ciascuno di noi.

La vita ci è stata donata per questo. Approfittiamo, perché Dio aspetta la nostra risposta.

Questa è la buona notizia portata da Gesù.

Nicola Incampo

Responsabile della Conferenza Episcopale di Basilicata per l’IRC e per la pastorale scolastica

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