sabato, 20 Aprile 2024

“Solo quando varco la soglia mi rendo conto che le cose sono cambiate. È come se fossi entrata nella casa di qualcuno appena defunto, qualcuno che amavo, alla cui scomparsa non riesco a credere. Le stanze, i mobili, i quadri e tutte le nostre cose sono coperti da un patina di insopportabile familiarità: lì in piedi sono colta da un senso di tragedia, come se mi trovassi in un passato definitivamente perduto. Pochi minuti dopo, quelle stesse stanze, quegli stessi oggetti suscitano in me un panico terribile, il panico della reclusione. Guardandoli mi assale una violenta collera. Arretro come se mi disgustassero. Mi sento oppressa dai segreti; un desiderio adultero mi allontana da me stessa, mi riempie di bramosia e insieme repulsione per ciò che ho tradito. Non so spiegare queste sensazioni. Mi siedo sul divano e piango”.

Sono le impressioni di una neo mamma al suo ritorno a casa, una donna che non ha vissuto la maternità nella miniera edulcorata in cui la maggior parte la vive, ma l’ha affrontata con spirito critico, lontana da quella visione sdolcinata e romantica che l’accompagna ancora oggi. Un po’ per la sua schiettezza un po’ per il coraggio che ha avuto nell’essere andata controcorrente, ribaltando uno dei miti più incrollabili della nostra società, la maternità appunto, Rachel Cusk è stata bersaglio di critiche feroci per Il lavoro di una vita. Sul diventare madri (Einaudi, a cura di Anna Nadotti, traduzione di Micol Toffanin) che, con lucidità ed estrema sincerità racconta quello che accade a una donna – occidentale, emancipata, lavoratrice – quando diventa madre.

Le future madri vivono quest’esperienza con trepidazione, in estatica attesa. La Cusk ribalta la narrazione della gravidanza e si chiede come mai il parto sembra avvolto dal mistero, c’è tanto non detto come se si dovesse evitare di “tramandare” ciò che si vive e che ciascuna donna debba scoprirlo sulla propria pelle.

L’autrice è molto diretta e molto disincantata e forse proprio la sua distanza emotiva dall’evento nascita la rende scomoda ma questo, attenzione, non vuol dire che non sia sincera. Anzi. È schietta, a volte ironica e prende in prestito citazioni e passi letterari per dar valore alle sue tesi che diventano un viaggio disarmante.

“Parto e maternità sono l’incudine sulla quale venne forgiata la disparità tra i sessi, e nella nostra società le donne che hanno responsabilità, aspettative ed esperienze analoghe a quelle degli uomini, hanno buone ragioni di accostarvisi con trepidazione.”

Così, la Cusk parla senza peli sulla lingua della sua inevitabile trasformazione da convegni e cocktail party in abito da sera alle notti insonni nel tentativo di placare i pianti della figlia: un incubo a occhi aperti che viene vissuto come un martellante atto d’accusa, e che la porta a sondare i sentimenti più crudeli e inconfessabili che l’hanno attraversata. Rachel Cusk, nata in Canada nel 1967, vive e lavora nel Regno Unito. Ha pubblicato vari libri di narrativa e saggistica. Nel 2015 ha iniziato un’opera in tre parti che l’ha confermata come una delle voci piú innovative e importanti del panorama letterario internazionale. Resoconto, primo romanzo del ciclo pubblicato da Stile Libero nel 2018, è stato inserito da «La Lettura» tra i migliori 10 libri dell’anno. Nel 2019 è uscito il secondo volume, Transiti e nel 2020 il terzo volume, Onori.

Rossella Montemurro

Pubblicità

Pubblicità
Copy link
Powered by Social Snap