giovedì, 18 Aprile 2024

“Scrivere questo libro è stata la più dolorosa e benedetta seduta d’analisi della mia vita”. Così Chiara Gamberale, nei giorni scorsi a Matera con l’attrice Elettra Mallaby all’Hotel del Campo, ha definito il Grembo paterno (Feltrinelli), un romanzo pervaso dall’inizio alla fine da forza emotiva e capacità di “maneggiare” i sentimenti.

Insieme ad Adele – quarantenne eterna adolescente con una figlia avuta da un donatore – protagoniste sono le parole, un lessico del “mondo interiore” che procede parallelamente a una quotidianità vissuta “di pancia” e a un passato in cui le “presenze” (evocate ma mai affrontate) disorientavano con non detti imposti dai genitori.

Adele si districa fondamentalmente tra tre lingue: quella di bambina, quella dell’adulta (anche se poi quella bambina continua a disturbarla) e quella che sta imparando con sua figlia Frida.

Quando Adele era piccola, attorno alla tavola erano più importanti i segreti che le parole, sempre soffocate da offerte di cibo come se le cose materiali potessero supplire agli affetti. Il padre, Rocco, si porta dietro un soprannome ingombrante (Senzaniente) che si abbatte come un marchio anche sui figli. Poverissimo, è riuscito ad aprire un supermercato, a ribaltare la sorte eppure per la gente continua ad essere un “Senzaniente”. Inflessibile con i figli, li esorta, spesso con modi bruschi, a eccellere nello studio. La madre di Adele è descritta come una donna psicologicamente sottomessa, attenta a salvare sempre le apparenze (che siano quelle di una casa tirata a lucido o di un’armonia coniugale).

Il presente di Adele è accanto a un Narciso, Nicola (il pediatra di Frida), un uomo che le parole le sa usare molto bene ma sono parole vuote. Ed è un uomo sposato. Nel momento in cui Adele diventa l’amante di un Nicola (un uomo sposato, appunto), inizia a guardare al passato e alle “presenze” che ne avevano accompagnato l’infanzia da un altro punto di vista: ecco che tante incomprensioni, tante mancanze pian piano trovano un senso e ciò che Adele ha vissuto, ha “sentito” (a pelle) assume nuovi significato.

Lei – appartenente a una generazione giovane per sempre che insegue il senso del piacere ma è figlia di persone che giovani non sono potute essere e che si portano addosso un enorme senso del dovere. Ha respirato ogni giorno l’incapacità dei genitori di essere felici insieme e questo le ha logorato la capacità di amare in modo sano.

Si porta dentro le cicatrici della lotta impari con il cibo, mai del tutto vinta (malgrado ricoveri e psicoterapia): “(…) Ho sempre avuto la sensazione di avere due facce e due corpi, quelli di Adele Magra e quelli di Adele Grassa, continuavo a chiamarli così, anche se da oramai vent’anni i chili erano sempre quelli, fra i cinquanta e i cinquantadue”.

Conduttrice per anni del programma “L’adelescenza”, Adele si ritrova a scrivere testi per la nuova conduttrice, la youtuber Deliverù. E se lei non è mai, davvero, uscita dall’adolescenza, c’è chi ha grosse difficoltà a staccarsi dall’infanzia: “– Lo vedi il bambino.

Non c’è niente da fare. In certe persone lo vedi. Ti salta in braccio appena le incontri, loro alzano gli occhi per mettere a fuoco chi sei, sono assolutamente convinte di poterlo sapere

davvero, ed eccolo lì: il bambino. Oppure sbuca fuori all’improvviso, da un broncio, da un silenzio, da un sorriso che non c’entra niente, da un muscolo qualsiasi che tradisce la faccia

mentre ti implora: non mi abbandonare pure tu, dai. Perché altrimenti urlo e di chi ha ragione non me ne frega niente, non è avere ragione che conta, è che mi ami, solo quello conta. Sì? No? Voglio vedere. Perché se mi ami quando faccio il bravo neanche quello conta.

Mi spiego? Possono avere venti, quaranta, settantasei, centodue anni le persone. Ma se il bambino lo vedi, lo vedi, c’è. Ci sono quelle dove invece non lo vedi. Anzi: ti pare proprio impossibile che un giorno siano state piccole, circostanza che invece deve pur essersi verificata. (…)”

Bellissimo Il grembo paterno, un invito a uscire dalla nostra comfort zone anche se è scomodo, doloroso, sconveniente. Arrivati all’ultima pagina avremo una consapevolezza (Adele, Rocco, Nicola e gli altri hanno tutti ragione e hanno tutti torto) e una domanda destinata a rimanere senza risposta: è più coraggioso chi resta o chi se ne va?

Chiara Gamberale è nata nel 1977 a Roma. Nel 1999 ha esordito con Una vita sottile, seguito da Color lucciola (2001), Arrivano i pagliacci (2003), La zona cieca (2008, premio selezione Campiello), Le luci nelle case degli altri (2010), L’amore quando c’era (2012), Quattro etti d’amore, grazie (2013) e Avrò cura di te (2014; con Massimo Gramellini), Qualcosa. È autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici come Quarto piano scala a destra su Rai Tre e Io, Chiara e L’Oscuro su Radio Due. Collabora con “La Stampa”, “Vanity Fair” e “Io Donna” del “Corriere della Sera”. Feltrinelli ha pubblicato il romanzo Per dieci minuti (2013; in “Audiolibri” Emons Feltrinelli, 2014; in “Universale Economica”, 2015), L’isola dell’abbandono (2019) e Come il mare in un bicchiere (2020).

Rossella Montemurro

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