mercoledì, 6 Novembre 2024

“Ovviamente voi e io conosciamo la verità.

Sappiamo quanto sia facile bluffare. Basta tenere le luci basse; basta procurarsi un paio di soubrette con qualche piuma da quattro soldi fissata con la supercolla all’orlo della guȇpière; basta fare in modo che la gente continui a bere.

Ma le ragazze come Louise non lo sanno. Non ancora.

Louise non è ma stata così felice”.

La prosa di Tara Isabella Burton in Il gioco di Louise(Einaudi, traduzione di Federica Oddera) è quasi ipnotica. I dialoghi travolgono e rendono bene l’idea di due ragazze agli antipodi: Louise, 29enne squattrinata con l’incubo di non riuscire ad arrivare e fine mese e Lavinia, di qualche anno più giovane ma con il solo problema di vivere la vita a un’intensità folle – perché Lavina ha tutto: bellezza, soldi, successo.

Si incontrano per caso, quando Louise inizia a dare lezioni private alla sorella piccola di Lavinia. Quest’ultima coinvolge Louise nella sua quotidianità fatua contraddistinta da feste glamour. A Louise sembra un sogno e lei si lascia avvolgere dalla tossicità di un mondo irreale dove a contare è chi è più estroso, chi si fa notare per il vestito, per la griffe più audace per la citazione colta – di cui peraltro questo romanzo è ricco. Non esiste un briciolo di etica o coscienza, l’unica morale è quella del denaro e della droga che, in contesti simili, non può mancare. Eppure, mentre Lavinia è perfettamente a proprio agio in una vita che, del resto, le è sempre appartenuta, Louise è costretta a scontrarsi con un cambiamento che stride con il suo passato: ecco perché è sempre all’erta, accorta a rispondere come il suo interlocutore vorrebbe, preoccupata di non essere all’altezza e, soprattutto, di poter deludere Lavinia. La loro non è un’amicizia, è una relazione del tutto sbilanciata. Lavinia è una It Girl, pronta a dettare le mode del momento, attivissima sui social; è abituata a manipolare, è seduttiva con chi le sta accanto. Louise, di contro, è la preda perfetta, assertiva quanto basta e pronta a farsi “modellare” da una ragazzina che sembra una Barbie in carne e ossa. Alla fine, la vita reale è paradossalmente quella su Instagram e Facebook fatta di scatti resi perfetti dai filtri più intriganti e amplificati dai commenti e dai like degli utenti – abbracci virtuali che sono balsamo per ragazze tutto sommato molto fragili.

“Louise si lascia andare a comportarsi da stupida. (…)

Louise smette di aspettare che il mondo finisca.

Finché una notte non rischia di finire davvero”.

Dal luccichio delle feste di Manhattan alle ombre di un’inevitabile discesa agli inferi, il passo è breve.

Tara Isabella Burton non ha avuto pietà nel descrivere il cambiamento di Louise, evidenziando le contraddizioni della ragazza e la spirale malsana nella quale è rimasta suo malgrado intrappolata. Lo stile è tagliente, per nulla benevolo e, proprio per questo, in grado di catturare il lettore.

L’autrice ha studiato letteratura e teologia a Oxford e attualmente si occupa di religione e sette per «Vox». I suoi articoli sono usciti presso i più prestigiosi giornali americani e inglesi. Il gioco di Louise, il suo romanzo d’esordio, è in corso di pubblicazione in più di dieci Paesi ed è stato tra i migliori libri dell’anno per «The New York Times», «People», «Vulture» e «New York Post».

Rossella Montemurro
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