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Framarò: “Gli auguri ci ricordano ancora una volta che siamo ciò che siamo stati e che, volenti o nolenti, spesso lo dimentichiamo, presi dall’IO, presi dal SÉ…”

Auguri.

Ma da dove deriva questa bella parola così tanto detta, scritta, letta in questi giorni? 

Nell’antica Roma c’erano sacerdoti speciali che erano in grado di vaticinare il futuro osservando e interpretando i volo degli uccelli nel cielo… Sia chiaro non prevedevano il futuro ma, in un certo qual modo, erano in grado di dire se una certa decisione assunta incontrasse o meno il favore degli Dei. Bene! Questi sacerdoti di chiamavano proprio àuguri, e l’augurium era il loro responso

Fa specie pensare come questo more tramandato dai nostri avi sia sopravvissuto millenni e ancora oggi sia così tanto in auge.

Ci vuole ricordare anche quanto forte sia il  legame con il nostro passato, quanto la cultura, intesa come more maiorum, sia radicata atavicamente nella nostra quotidianità.

In sostanza gli auguri ci ricordano ancora una volta che siamo ciò che siamo stati e che, volenti o nolenti, spesso lo dimentichiamo, presi dall’IO, presi dal SÉ…

Allora i miei auguri per il nuovo anno sono questi: rinfrescare la memoria, capire chi siamo e essere consapevoli che ciò che facciamo oggi può diventare modus per i giovani…

A egregie cose il forte animo accendono l’urne dei forti, o Pindemonte.

Valete

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