Piccole opere d'arte realizzate dagli scarti di cartoncino: a lezione di creativitĆ , ieri e oggi, nei Laboratori di artigianato "I Campanacci di Pasqua", tra le iniziative collaterali dei Mercatini di primavera (in via La Vista a Matera fino al primo aprile dalle 10 a...
Pubblichiamo il messaggio di saluto indirizzato ai giornalisti e agli operatori della Comunicazione da Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo della Diocesi di Matera-Irsina, in occasione della festa di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti e degli scrittori:
Carissimi,
intanto grazie perchĆ© ci siete e stasera siete qui, nonostante lāorario. Esserci ĆØ importante. Significa amare quanto si fa, mettendosi continuamente in ascolto della storia, in particolare di quella del nostro territorio, della nostra Provincia, della nostra Regione. Siete una presenza significativa che ci aiuta a crescere e ci permette di costruire relazioni umane fondate sulla reciprocitĆ dellāincontro. Anche una conferenza stampa diventa unāopportunitĆ per ascoltarci al fine di rendere un servizio calato nella realtĆ e utile allāintera collettivitĆ .
In una intervista di qualche anno fa, fatta da Giovanni Nardi, pubblicata sulla rivista DOC, al giornalista Tiziano Terzani (Firenze, 14 settembre 1938 ā Pistoia, 28 luglio 2004) alla domanda se il giornalismo fosse un mestiere come tanti, o un’altra cosa, rispoSe:
āNon ĆØ un semplice mestiere, non un modo di guadagnarsi da vivere, ma qualcosa di piĆ¹, che ha una grande dignitĆ e una grande bellezza, perchĆ© ĆØ consacrato alla ricerca della veritĆ . Ecco il suo valore morale, avvertibile nel modo di raccontare, nel presentare i fatti. Certo la scuola, anche una scuola ad hoc, aiuta, ma ĆØ propedeutica, perchĆ© nessuna scuola potrĆ mai insegnarti la missione, non ti dĆ quella cosa in piĆ¹ di cui hai bisogno: la vocazione. E certe scuole di giornalismo mi hanno fatto l’impressione di essere frequentate da seminaristi senza vocazione. Se uno fa il meccanico e lo fa bene, nulla da dire; ma se uno fa il prete, per farlo bene deve avere qualcosa in piĆ¹. E il giornalista ĆØ come il prete: deve avere la chiamata, la vocazione, sentire la missioneā.
Nei suoi messaggi annuali Papa Francesco ci sta conducendo a riscoprire quanto siano fondamentali nei rapporti umani, e quindi nella comunicazione, i nostri sensi. Eā importante toccare, vedere, rendersi conto personalmente, in cerca della veritĆ che aiuta ad essere veramente liberi. VeritĆ che ci consente di aiutare gli altri perchĆ© godano della stessa libertĆ .
Questāanno il Papa insiste sullāimportanza del parlare con il cuore secondo veritĆ nella caritĆ , a completamento del messaggio dello scorso anno dellāascolto con lāorecchio del cuore. Da quando sono stato ordinato sacerdote (ormai mi avvio verso i 42 anni) ĆØ cresciuta dentro di me la consapevolezza che ogni generazione ha bisogno di essere ascoltata. CāĆØ bisogno di tempo, andando oltre i luoghi convenzionali.
Per ascoltare e parlare con il cuore bisogna fermarsi, stare accanto, non sottovalutare alcuna percezione. Significa catturare in ogni linguaggio quel bisogno di vita, di amore, di pace che a volte si nasconde dietro un dire aggressivo, apatico, dispettoso e forse anche maleducato. Penso ad esempio cosa vogliano dirci i giovani attraverso la musica, i graffiti, le marce per difendere il creato, il desiderio di pace.
La crisi che stiamo vivendo risiede nella mancanza di ascolto, a partire dai luoghi intimi quali le nostre case. La famiglia ne soffre, si frantuma, si divide. Ognuno prende la sua strada, ha i suoi orari, la sua privacy.
Si sente ma non si ascolta, per cui non si parla. Non si ha tempo per la moglie, per il marito, per i figli, per i genitori. Le conseguenze sono note a tutti. La stessa cosa succede nella politica, a volte anche nella Chiesa. Le proprie ragioni diventano piĆ¹ importanti del bene di tutti.
Ascoltare e parlare con il cuore significa rientrare in se stessi, ritornare al principio di vita. Per noi credenti implica il rapporto dialogico tra Dio e lāumanitĆ . UmanitĆ che da sempre viene richiamata da Dio. Dio cerca Adamo, dopo lāesperienza del fallimento di affermare se stesso, e gli chiede: āDove sei?ā. Anche oggi ci cerca e ci chiede la stessa cosa.
Chi ha dimestichezza con la Sacra Scrittura sa che i comandamenti di Dio sono introdotti da questa espressione: Ā«Shemaā Israel – Ascolta, IsraeleĀ» (Dt 6,4). Il popolo dāIsraele ripete continuamente a se stesso questa espressione. Noi cristiani diciamo: āmettiamoci in ascolto della Parola di Dioā.
Nei momenti difficili della vita, di smarrimento, di dolore, di malattia, della morte che bussa alle nostre case, siamo noi che spesso diciamo a Dio: āDove sei?ā, oppure ādovāeri?ā. Percepiamo che tra lāumano e il divino si ĆØ venuto a spezzare quel dialogo che nasce dallāascolto. Eppure Dio cāĆØ sempre e continua a condividere la nostra condizione umana, riempiendo di senso ogni momento della vita: concepimento, nascita, crescita, gioie e sofferenze, persino la morte. Il divino si cala nellāumano perchĆ© questi si immerga nel divino.
CāĆØ una frase che, tuttavia, GesĆ¹ dice ai suoi discepoli sulla qualitĆ dellāascolto: Ā«Fate attenzione dunque a come ascoltateĀ» (Lc 8,18). CāĆØ un ulteriore passaggio, dal sentire allāascoltare, ora dallāascoltare al come ascoltare. Per dirla con S. Agostino dovremmo dire a noi stessi che oggi cāĆØ bisogno non tanto di avere il cuore nelle orecchie ma le orecchie nel cuore (Sermo 380, 1: Nuova Biblioteca Agostiniana 34, 568).
Dallāascolto personale, interiore, nasce il bisogno di un ascolto che si dilata, abbraccia e accoglie la veritĆ insita negli altri con le loro ricchezze e povertĆ . Intercettare lāaltro significa entrare in relazione e aprirsi allāAssoluto che ĆØ Dio. Significa parlare il linguaggio della veritĆ e della caritĆ .
La povertĆ piĆ¹ triste alla quale assistiamo oggi ĆØ quella sposata da un certo tipo di comunicazione e informazione che non ha una adeguata conoscenza delle persone e dei fatti. Spesso e volentieri la denigrazione che troviamo nellāuso sconsiderato dei social nasce da pregiudizi, antipatie, sentito dire. S. Francesco di Sales portava un esempio sempre attuale sul modo di riportare le notizie. Affermava quanto fosse importante imparare dalle api per fare bene il proprio lavoro. Al contrario delle api, le vespe succhiano il nettare dai fiori che non trasformano in miele ma in veleno. La sua riflessione porta a suggerimenti concreti nellāuso delle parole: utilizzare āmeno aceto e piĆ¹ mieleā, āmeditando prima per sĆ© quello che si vuole dire agli altriā. La veritĆ , per S. Francesco, sta al centro di tutto, va riportata con umiltĆ e semplicitĆ , evitando la tentazione dellāarroganza āper rendere poi reali e amabili le cose che diciā. A conclusione del suo ragionamento fa un invito ben preciso: āSintesi, acutezza, espressivitĆ fanno vibrare le cose che dici, perchĆ© quello che tu dici entrerĆ veramente nel cuore dellāaltro, solo se esce prima dal tuo cuore!ā.
Solo dallāascolto puĆ² nascere un sano dialogo. E questo richiede tre virtĆ¹ fondamentali: pazienza, pazienza, pazienza! Quanti pregiudizi bisogna vincere! Quanti volti di persone bisogna scoprire! Quante storie raccontare ma solo dopo aver ascoltato!
Carissimi, mentre vi ringrazio per il complicato ma prezioso servizio che rendete attraverso una sana informazione, vi assicuro la mia preghiera e benedizione, affinchĆØ quanto ci comunicate sia frutto di un ascolto serio, sincero, sofferto.