venerdì, 19 Aprile 2024

L’altro giorno un amico mi chiedeva: “Posso cambiare il mio destino? Posso fare questa cosa oppure no? Posso arrivare dove voglio?”

A questi ho raccontato una storia zen che è tratta dal libro intitolato “101 storie zen” di Nyogen Senzaki e Paul Reps, edizione Adelphi. 

Il libro tratta di una selezione di parabole che illustrano in tratti rapidi ed essenziali l’esperienza Zen, originaria dell’India, ma fiorita in Cina a partire dal VI secolo col nome di Ch’an e trasferitasi nel XII secolo fino ai nostri giorni in Giappone col nome appunto di Zen.

“Nan-in, un maestro giapponese dell’era Meiji (1868-1912), ricevette la visita di un professore universitario che era andato da lui per interrogarlo sullo Zen.

Nan-in servì il tè. Colmò la tazza del suo ospite, e poi continuò a versare. Il professore guardò traboccare il tè, poi non riuscì più a contenersi, “E’ ricolma. Non ce ne entra più!”

“Come questa tazza,” disse Nan-in “tu sei ricolmo delle tue opinioni e congetture. Come posso spiegarti lo Zen, se prima non vuoti la tua tazza?”.

Ricerca di sé mediante la meditazione, insistendo sull’autodisciplina, sulla semplicità della vita, sul rifiuto del fondamentalismo.

E’ necessario creare il vuoto dentro di sé per far irrompere la luce e la verità.

E’ una legge spirituale per tutte le esperienze interiori.

Se il cuore è pieno di orgoglio, di egoismo, di possesso, di rumore, di fantasie e distrazioni, è inesorabile che la rivelazione divina, la verità, la Parola non possono insediarsi.

Vi scivolano via, disperdendosi come il tè nella tazza già colma.

Il silenzio ha lo scopo di creare questo vuoto necessario.

Il deserto spirituale ci libera dalle sovrastrutture e fa brillare l’essenziale: “Maria, Marta tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno” (Luca 10, 41, 42).

Nicola Incampo

Responsabile della CEB per l’IRC e per la pastorale scolastica

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