La piccinina. Uno scricciolo, resa ancora più gracile dal telegramma enorme, pesante. Lei è introversa, sempre sulle sue, defilata. Forse vorrebbe essere invisibile, è balbuziente e questo problema la mette a disagio. Ha due fratelli più grandi che spesso si alleano contro di lei, uno in particolare non esita ad alzare le mani, a differenza del padre che la esenta ogni volta dalle botte. Sua madre, sarta, è una figura che rimane sullo sfondo e sembra avere appena, nei suoi confronti, quel senso materno che dovrebbe essere una prerogativa femminile. Accanto alla piccola, Lisa e Angelica – amiche ma soprattutto rivali, con pochi scrupoli quando si tratta di pensare al tornaconto personale –, Gianna la collega ragazzina che con lei fomenta lo sciopero di dieci giorni delle bambine apprendiste sarte di Milano, Achille, un ragazzo scaltro che le ha rubato il cuore ed Emilio Longoni, un pittore amico della madre, un uomo dolcissimo che l’ha vista nascere ed è sempre pronto ad accoglierla.
De La piccinina (E/O), il nuovo romanzo della scrittrice Silvia Montemurro, colpisce il substrato umano, pieno di chiaroscuri e rivelazioni non sempre piacevoli – del resto, la psiche umana è così, densa di sfumature. Nora racconta in prima persona quello che è accaduto dal 23 al 30 giugno 1902: lo sciopero, il primo nella storia delle piscinine e uno dei primi scioperi femminili apprendiste sarte, sfruttate – al lavoro fino a 14 ore al giorno –, senza nessuna tutela, costrette fin dai 6 anni a ritmi assurdi e spesso destinate a diventare oggetti tra le mani dei mariti delle sarte.
In una Milano povera, popolare, vitale, arrabbiata, si svolge questa storia di un’attualità pazzesca: oggi come ieri pur se sfruttati e sottopagati, con sindacati che tutelano solo in apparenza, è meglio tenersi stretto il lavoro; e, oggi come ieri, se una ragazza subisce una violenza “se l’è andata a cercare”. È colpa sua.
Cambiano, insomma, gli scenari e le epoche ma certi fastidiosi e scomodi rumori di fondo rimangono inalterati: Silvia Montemurro ha saputo dar voce a tutto questo con la delicatezza che le è propria, raccontando in punta di piedi una storia che sembra essere accaduta in questi giorni.
Anni fa tuo padre rientrò a casa con il quadro La piscinina di Emilio Longoni. Si può affermare che sei cresciuta sotto lo sguardo di Nora. È stato solo un caso che tu, anni dopo, ti imbattessi nella storia delle piccinine?
“Non credo molto nel caso. Per me ogni cosa che accade nella vita e ogni persona che entra in contatto con me ha un profondo messaggio da darmi e soprattutto, come già ho esplicitato nella Casa delle farfalle, credo molto nelle storie dei ritorni, anche ritorni spirituali, nelle persone che nelle vite passate possono aver cambiato la storia di altre persone e aver lasciato così tanta energia in circolo da ritornare sotto forma di qualcos’altro – ed è il caso della Piccinina. Probabilmente ha avuto una storia drammatica, difficile, che era destinata a me in qualche modo, come una mia carissima amica scrittrice, Vanessa Roggeri, ha detto dopo aver letto il romanzo. Assolutamente non credo siano casualità.”
La ricostruzione storica, sempre molto accurata, è una costante dei tuoi romanzi. La piccinina riporta alcuni articoli di giornale dell’epoca. Anche in questo tuo nuovo libro, traspare il tuo amore per i dettagli. Cosa ti ha aiutato?
“Sicuramente mi hanno aiutato le fotografie dell’epoca, le strade di Milano riportate sulla toponomastica, i periodici e alcune trattazioni che ho trovato all’Unione Femminile di Milano. Credo però che la cosa che mi abbia aiutato di più sia stata proprio l’immaginazione e la passione per questa storia.”
L’universo femminile, le tante sfaccettature delle donne, i chiaroscuri, l’amicizia, il rispetto, l’invidia, la gelosia sono elementi ricorrenti. Le figure di Nora (la protagonista), delle sue amiche, della madre e delle datrici di lavoro sono molto ben caratterizzate: risalta la loro psicologia, ben marcata, e sembra di averle accanto. A chi ti sei ispirata?
“Per quanto riguarda l’ispirazione delle figure è chiaro che in ogni storia ci sono dei riferimenti prettamente personali. Però c’è anche un altro aspetto importante, quello del mio vissuto in ambito scolastico. Ho avuto a che fare con diverse ragazzine da cui ho preso spunto: si trovavano in difficoltà con le amiche, spesso non riuscivano a dire loro di no. Quindi, di sicuro c’è della sorellanza e della solidarietà tra donne ma è anche evidenziato una altro aspetto dell’amicizia femminile: non riuscire a esprimersi come si vorrebbe, e far fatica.”
Nora è balbuziente, una “croce” che si porta addosso, che la limita e la mortifica. Perché aggiungere un handicap a una condizione (quella femminile nei primi anni del Novecento) già di per sé svantaggiata?
“Credo che certi disagi ci sono sempre stati e non mi va di castrarmi o limitarmi per una storia che è molto attuale e che però comprendeva anche un problema che a quei tempi veniva affrontato in un modo, ma che comunque porta sempre delle particolarità. E poi credo molto nel potere delle fragilità: la bambina ha un difetto che diventa la sua forza, la sua peculiarità. Anche il libro stesso potrebbe essere sinonimo di debolezza. Dall’inizio alla fine la persona balbetta, ed è stata una scelta anche questa coraggiosa. Nel complesso, diciamo che Nora prende solo più forza, non la vedo come una debolezza”.
Mi ha colpito, a un certo punto del romanzo, l’accostamento “sciopero-violenza”. Senza fare spoiler, perché hai scelto di dare un messaggio così forte?
“Non è stata una scelta, sciopero-violenza. Durante le mie ricerche è venuto fuori come le piccine venissero definite cocottes e come venissero ripetutamente violentate. Non potevo esimermi dal raccontare la realtà così com’era e dall’inserirla in un romanzo. L’accostamento sciopero-violenza era qualcosa, in questo caso, di molto appropriato perché era la verità. Loro forse scioperavano anche perché erano stanche, veramente stanche di essere oggetto degli uomini e avere le loro mani addosso.”
Ci sono alcune espressioni dialettali che permettono al lettore di immergersi ulteriormente nella vicenda. Hai avuto difficoltà a riportarle?
“È un dialetto delle regioni del Nord, e comunque mi appartiene. Alcune frasi sui giornali dell’epoca venivano riportare esattamente come le ho riportate io. Le storie che hanno questa caratteristica sono più vere e ritengo che il dialetto milanese ci stia proprio bene.”
Emilio Longoni ha un ruolo importante nel tuo romanzo, è una figura chiave. Una bella incursione nel mondo dell’arte.
“Sì, tra l’altro da questa figura dell’Emilio Longoni parte tutta una serie di progetti, di cui uno che coinvolge le donne e che vede la collaborazione della casa editrice Altrimedia. Credo che da cosa nasca cosa, il Longoni era un riferimento importante. Non ho trovato una biografia ufficiosa né ufficiale e mi sono limitata a riportare i dettagli che si conoscono della sua vita. Posso dire che l’incursione nell’arte è solo cominciata!”
A chi vorresti arrivasse il messaggio sotteso nella tua Piccinina?
“Il messaggio potrebbe arrivare a diverse tipologie di donne: dalla ragazzina che sta in penultima fila a scuola e magari ha difficoltà a esprimersi però ammira tanto le compagne che riescono a farlo e deve ancora trovare il talento dentro di lei, alla donna che sta attraversando una situazione difficile e che non crede più in se stessa o che è vessata da un uomo che le fa credere di non essere mai all’altezza ma è autonoma. Io vorrei che il libro passasse tra le mani di queste persone e che riuscissero a rendersi conto di come l’unione fa la forza, come parlarne serve, come alzare la testa è l’unico modo per rendersi finalmente libere.”
Silvia Montemurro, classe 1987, vive a Chiavenna, piccolo paese in provincia di Sondrio. Nota anche come autrice Young Adult – tantissime le visualizzazioni sulla piattaforma Wattpad di Shake My Colors (Sperling & Kupfer) tra il 2016 e il 2017, si è affacciata nel mondo dell’editoria nel 2013 con L’inferno avrà i tuoi occhi (Newton Compton), segnalato dal comitato di lettura del Premio Calvino. Nel 2016 ha pubblicato il romanzo Cercami nel vento (Sperling & Kupfer), che ha ottenuto il secondo posto al Premio Letterario Under 30 Città di Como e il Premio Pegaso Città di Cattolica. Ha pubblicato per Rizzoli I fiori nascosti nei libri e La casa delle farfalle. Nel 2022 è uscito Trovami nel sole (Sperling & Kupfer). Per Salani ha pubblicato L’orchestra rubata di Hitler.