venerdì, 29 Marzo 2024

È iniziato oggi pomeriggio a Matera in piazza Vittorio Veneto il Congresso Eucaristico Nazionale che si concluderà domenica 25 settembre con la presenza di Papa Francesco.

Il tema del Congresso è “Torniamo al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica e sinodale”.

Saluto di Maria Pina Rizzi, membro del Comitato per i congressi eucaristici nazionali

Grazie è la prima parola che mi sgorga dal cuore. Stasera, e più che mai, Matera sorride! Sorride, strizzando l’occhio alla speranza. Sorride, perché dai Sassi si leva deciso il profumo del pane che ci fa tornare a gustare la vita. Sorride a ciascuno di voi giunto da ogni parte della nostra bellissima Italia. Vi accogliamo con le parole di Pietro nel libro degli Atti degli Apostoli. “Non possiedo né oro, né argento ma quello che ho te lo do”. Vi diamo il benvenuto condividendo con voi la passione ed il lavoro con cui ci siamo preparati a queste giornate. Con voi vogliamo tornare a vivere Gesù Eucaristia come Pane di vita che nutre di amore quotidiano la terra smarrita che muore di solitudine ed egoismo. Vogliamo provare a risentire con voi il profumo ed il gusto del Pane spezzato con tutti e non solo con alcuni. Da questa terra, Perla di bellezza e di antichi splendori, vi diciamo: benvenuti e grazie per aver accettato di camminare insieme per tornare, gustare e vivere!

Saluto dei giovani

Buonasera a tutti. Anche noi giovani vogliamo dare il benvenuto a voi delegati, giunti dalle diocesi d’Italia, e con Lei, Eminenza, salutiamo tutti i Vescovi che prenderanno parte al Congresso Eucaristico. Con la guida del nostro Arcivescovo don Pino ci siamo preparati a vivere questo momento così importante per la Chiesa italiana. I nostri nonni raccontano la bellezza e la semplicità della condivisione vissuta nel vicinato tra i Sassi di Matera. Da Matera vogliamo ripartire per «esprimere il desiderio di una civiltà più giusta e fraterna», e tornare a stupirci dei gesti quotidiani. Vogliamo gustare il sapore del pane spezzato nelle nostre case per moltiplicarlo nelle scuole e nelle università come gesti d’amore. Condividere il pane, per noi giovani, è anche nutrirsi di sogni, attese, desideri. Gesù da giovane aveva tanti sogni, che hanno trovato la piena realizzazione nel dono di Sé a ciascuno di noi. Dal Suo dono d’amore noi giovani possiamo e vogliamo donarci nell’espressione dell’arte, della cultura, della musica, della politica, nella costruzione del bene comune, per gustare appieno la vita. Fin dall’Annunciazione la giovane Maria è discepola del Suo figlio, e portatrice della gioia vera nella casa di Elisabetta. Affidandoci a Lei, ci auguriamo di vivere con quella stessa gioia questi giorni di Grazia.

Il Saluto di Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, Arcivescovo di Matera-Irsina

A voi tutti, provenienti dalle Chiese sorelle d’Italia, dico con S. Paolo “Grazia a voi e pace da Dio Padre nostro e dal Signore Gesù Cristo”! Benvenuti a Matera, conosciuta come la città dei Sassi, come una delle città più antica del mondo con circa 10.000 anni di storia. Ma soprattutto vi dico: Benvenuti nella città di “Maria” e della “Visitazione”, che veneriamo sotto il dolce titolo di Madonna della Bruna. Siamo, oggi, invitati alla scuola di Maria, Donna “Eucaristica” per scoprire quanto intimo sia il rapporto che esiste tra Chiesa ed Eucaristia. Maria è Madre e modello della Chiesa. Benvenuti nella città del “pane trinitario e cristologico”. Matera, infatti, ha una tradizione di panificazione che nel corso dei secoli ha sempre più sviluppato, affermandosi come città del pane, sviluppando una particolare teologia nella semplicità dei gesti e dei segni. Non a caso ogni fetta del pane tradizionale ha la forma del cuore. Un cuore che si dilata, si fa cibo, esattamente come Dio Trinità. Benvenuti nella città dell’”acqua”. Uno dei motivi che ha portato l’UNESCO a inserire Matera nel patrimonio dei Beni dell’Umanità nel 1993 è stata l’attenzione verso il sofisticato, intricato e ingegnoso sistema di raccolta e distribuzione delle acque piovane e sorgive. Interessanti sono le cisterne enormi realizzate in diversi punti della città. Al centro di tutto ciò c’è sempre stata la persona sempre più valorizzata in quanto immagine e somiglianza di Dio. Benvenuti nella città del “Vicinato”. Tra i Sassi si è sviluppata la micro aggregazione con più famiglie che avevano le loro case-grotta in una forma urbana attorno ad piccolo largo. Ogni famiglia era di aiuto e sostegno all’altra: il bene comune superava quello personale, la solidarietà allontanava ogni forma di egoismo. Di domenica, per vivere il senso della festa e partecipare alla S. Messa, si usciva dalle proprie case sempre con il vestito più bello. Benvenuti a Matera Città “Madre” del “XXVII Congresso Eucaristico Nazionale”. Tra i tanti significati di Matera c’è anche quello di Madre. Maria, Madre del Verbo Divino incarnato nel suo seno, è lei la prima ad adorare la presenza di Dio che si è fatto carne, divenendo non solo il Modello ma anche la Madre della Chiesa. Da Matera, tornando al gusto del pane eucaristico, intendiamo tornare al gusto della vita. Chi vive l’Eucaristia apre gli occhi, si lascia ardere il cuore e torna in cammino come i discepoli di Emmaus, riconoscendo il Signore risorto per costruire ponti di umanità, tracciando sentieri di pace, bandendo con le scelte di vita ogni forma di individualismo e di chiusura. Chi vive l’Eucaristia tesse relazioni di fraternità bandendo ogni forma di guerra, soprattutto quella del grano, quindi del pane, quella energetica. Da Matera, spezzando il pane eucaristico e adorando la presenza reale di Gesù Cristo, vogliamo dire a tutti che il contrario dello scontro è esattamente l’incontro, la mano tesa nell’atto, non solo di accogliere, ma anche di sostenere e appoggiarsi. Benvenuti a Matera e buon Congresso Eucaristico.

Di seguito l’Omelia del Card. Matteo Zuppi, Presidente della CEI

Sento tanta gioia di essere qui. Questo Congresso Eucaristico è un segno per tutte le Chiese in Italia, che affrontano il Cammino sinodale. Cammino, perché la Chiesa segue Gesù e non vive per sé stessa. Gesù va “per tutte le città e i villaggi” e ci manda “fino ai confini della terra”. Lui stesso non ha un posto dove posare il capo perché lo posa nel cuore di ogni persona che incontra, diventa ospite del nostro tetto, del nostro cuore a volte così simile a delle grotte rese bellissime – come le vostre – dalla sua presenza e dalla bellezza che sempre Cristo rivela e suscita. Se c’è Cristo al centro, camminiamo e troveremo i modi per farlo insieme. La prima sinodalità è con Lui! Come l’Ostensorio davanti al quale adoriamo – e non dimentichiamo che chi adora Gesù non adora gli idoli ed è libero dai padroni del mondo – è tradizionalmente un sole dal quale partono tanti raggi, così diventiamo noi luminosi, perché illuminati dalla Sua luce, specchio di questa perché pieni del Suo amore. E poi penso anche che, al contrario, questo Corpo raccoglie e rende uniti quei tanti raggi che siamo noi: Gesù ci attrae a sé, ci raccoglie e ci permette così di capire che non siamo isolati, che non possiamo vivere da isole, ma “raccolti diventiamo una cosa sola, come il grano sparso sui colli”. Più mettiamo al centro Gesù, nella nostra vita personale e nella vita della nostra casa comune, più saremo una cosa sola tra di noi. La Chiesa non può restare ferma. Non siamo chiamati per restare, ma per andare! E quando restiamo – magari con dotte discussioni e raffinate interpretazioni – finiamo per vivere per noi stessi, che è l’esatto contrario di quello che vuole Gesù. Questa nostra madre, che è la Chiesa, cui siamo affidati e che ci è affidata, ha molti figli, moltissimi, seguendo Gesù vuole raggiungerli tutti. È una madre e vuole proteggerli dalla solitudine, dalla povertà, dall’insignificanza, dalla violenza, dallo sfruttamento, qualunque esso sia. Certo, è nostra Madre e noi portiamo il nostro peccato e il nostro limite. Ma è la nostra. Lei è casta, noi no. Lei è tutta santa, noi no. Amiamola, però, come possiamo, più che possiamo, perché ci porta Gesù, perdono per i peccatori, guarigione per i malati. Siamo figli e fratelli tra noi e lo siamo se iniziamo a esserlo con quelli più piccoli. Ci chiedono qualcosa? Sì! Anzitutto amore! Se non amiamo tutto diventa impossibile, pesante, come nel Vangelo che abbiamo ascoltato. Se amiamo, forti dell’amore di Cristo, dare da mangiare ci fa essere sazi! Dare da bere ci fa scoprire che abbiamo una sorgente nel cuore, vestire un nudo ci fa indossare l’abito del cielo che è quello dell’amore. Noi non possiamo restare fermi a spolverare il museo di antichità preziose ma senza vita. L’Eucaristia è pane vivo e l’altare ci insegna ad apparecchiare la carità. Se condividiamo il pane del cielo, come non condividiamo quello della terra, ricordava il Cardinale Lercaro, attento alla santità della celebrazione ma anche della nostra vita concreta. Seguiamo Gesù e Lui mostrerà una folla di affamati e continuerà a invitarci: date voi stessi da mangiare! Gesù è pane perché chi lo mangia sperimenti la sua compagnia, la vicinanza di Dio che si fa nutrimento dell’anima e del corpo. È Corpo, presenza. Non pensare a te se avanza qualcosa; non interpretare, non discutere; dì invece qualche buona parola. Fatti carico tu e non da solo. Voi date da mangiare. Noi diamo da mangiare. Ecco dove si capisce la Chiesa sinodale: mettendo al centro Gesù e dando da mangiare, nutrendoci di Lui e nutrendo del suo amore, ricevendo e donando. Se viviamo questo e se cambiamo per vivere questo, troveremo le risposte necessarie per una Chiesa madre di tutti. “Torniamo al gusto del pane”. Nella pandemia ne siamo stati privati. Riscopriamolo e viviamolo in maniera più familiare! La Chiesa è sempre una famiglia e l’Eucaristia sono i fratelli e le sorelle che diventano comunione perché uniti da Gesù, suoi commensali. Oggi viviamo una guerra in Europa che brucia i campi, che toglie il pane, creando fame. Fame nel senso stretto e fame di vita, di luce, di Speranza, di cose buone, di futuro. Torniamo al sapore del pane e di questo Pane. È personale, ma ci apre sempre al prossimo. È intimo, scende nel profondo del nostro io ma anche così comunitario, sacro che rende sacra la vita di tutti i giorni. È pane del cielo e della terra, ricevuto e offerto. Entriamo nell’Eucaristia per nutrici del pane della sua parola e del suo corpo – sono uniti il Corpus Domini e il Verbum Domini – per uscire ad amare il prossimo e trasformare l’amore ricevuto, a cogliere questo dono perché, come ha detto saggiamente Mons. Caiazzo, “perdendo di vista Dio, qualche volta con la pretesa di sostituirlo, stiamo perdendo di vista la nostra identità di uomini”. Chi si nutre di Cristo, non si estranea, ma entra nella vita. Chi si nutre di Cristo, trova Lui, non un’interpretazione che ci lascia soli o una regola o un ente senza volto, ma una presenza, un volto nel quale riconoscere il nostro perché volto di amore, Corpo che ci riempie di amore per non avere paura di portarlo nelle vicende della vita. Il servizio al povero è eucaristico e dall’Eucaristia trae nutrimento e all’Eucaristia porta le tante sofferenze e necessità. Il corpo e sangue di Cristo, il pane spezzato e vino versato hanno un sapore di amore pieno, di famiglia e di dono. Come si usava qui, dove i capifamiglia prendevano quel pane e lo spezzavano e lo offrivano ai diversi componenti, avvenga anche nelle famiglie delle nostre comunità. E il pane genera famiglia e rappresenta la famiglia allo stesso tempo. È pane della sua famiglia e della folla che rende, come abbiamo ascoltato, famiglia, iniziando dal pane che ci sembra poco, ma se vogliamo nutrirà noi e il prossimo. Così è: pane di condivisione, di solidarietà verso tutti, a iniziare sempre da chi ha più fame, da chi ha bisogno. L’Eucaristia genera e rigenera la famiglia di Dio. Non siamo estranei che condividono qualcosa: siamo dei figli che si nutrono dell’unico pane di vita, generata da lui, ministri tutti del Vangelo, perché ognuno, così com’è, si mette al servizio per aiutare e costruire questa casa in cui gustiamo il sapore del pane. Casa, non fabbrica. Casa, non supermercato. Non viviamo nella casa del Signore come fossimo degli estranei o dei client! Casa che richiede l’amore di tutti, cioè il servizio, cioè il ministero, fosse solo esserci. Il protagonismo non è “fare” ma anzitutto essere, amare. Il mondo coltiva la divisione, l’odio, il pregiudizio, quello raffinato e quello tragicamente violento dell’odio etnico, quello della parola e quello delle armi nucleari. Questo Pane ci aiuta a dare sapore alla vita e a lavorare nel grande campo di questo nostro mondo perché le armi siano trasformate in falci, per farci costruire un mondo finalmente di “Fratelli tutti”. Qui inizia! Da qui lo portiamo con noi, ovunque. “Ecco il pane degli angeli, pane dei pellegrini, vero pane dei figli. Tu che tutto sai e puoi, che ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi”.

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