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Con Franco Moliterni alla scoperta della chiave interpretativa del mito per svelare i Misteri della Bruna

Avere la chiave interpretativa del mito per riuscire a leggerlo andando oltre il senso letterale e, questo, potrà aiutarci anche a illuminare quelle le eventuali zone d’ombra della nostra psiche.

“Al giorno d’oggi le forme che abbiamo per leggere il nostro inconscio sono i sogni e l’arte, anticamente c’era una maggiore competenza grazie ai miti che venivano avvertiti in modo marcato e interpretati”. È stata proprio la “scoperta” della mitologia per il professor Franco Moliterni a spingerlo a trovare significati in alcune fasi che caratterizzano la festa della Bruna e che noi, assuefatti dalla tradizione, abbiamo sempre accettato senza approfondire. È nato così Nei Misteri della Bruna (Edizioni Giannatelli, prefazione del prof. Giuseppe Mininni) un compendio in cui fede, archetipi, miti e riti trovano la loro sintesi perfetta.

“L’idea è scaturita dalle letture che amo fare, sono un accanito lettore di saggi psicologici, antropologici, amo la mitologia da quando ho scoperto lo stretto legame che ha con la psicologia. – afferma il professor Moliterni – Sono partito da Erich Fromm poi, tramite Aldo Carotenuto ho conosciuto Hillman scoprendo molti spunti e attinenze tra quelle che erano le motivazioni di alcuni riti e la festa della Bruna. Ho iniziato a prendere appunti, riferimenti e ho messo tutto da parte con l’intento di andare prima o poi a rivedere questo materiale. Quando il presidente Bruno Caiella mi ha coinvolto nelle attività dell’associazione Maria SS. Della Bruna è stato inevitabile dare un mio contributo svincolando la lettura solita della festa – spesso molto superficiale – e andando a fondo: ho ripreso quel materiale e l’ho messo insieme. Rimaneva il problema di dare una chiave di lettura unitaria. Sulle prime i riti della festa della Bruna sembrano slegati: ad esempio, cosa ha in comune la processione dei pastori con la distruzione del Carro. Ancora, cosa significano i giri del carro? L’antropologia ci parla dei riti di iniziazione, riti assolutamente arcani perché noti solo agli adepti. Partendo dai riti di passaggio, ho scoperto che i riti misterici dell’antichità sono un percorso interiore che porta all’incontro con il trascendente. Sono percorsi, sono cammini: ecco quindi che la processione può essere letta come un atto che richiama il superamento di limiti, di confini. La distruzione del Carro invece svela l’aspetto terrificante e distruttivo esistente nei riti del 2 luglio, è un momento di lacerazione ma è anche l’incontro con il mistero divino in trionfo sul carro che si rinnova ogni anno. L’ottavario l’ho visto come il perfezionamento di tutte le fasi. Esprime il significato della totalità e della perfezione raggiunte mutando la novena preparatoria (nove, multiplo di tre) nella quaternità, nella dimensione simbolica individuata da Jung a rappresentare l’insieme dei processi consci e inconsci mediante la trasformazione da stati inferiori a stati superiori. La quaternità per Jung è la totalità psichica, il simbolo del Sé. Una totalità derivante da metamorfosi e trasfigurazione insieme, ottenute con l’inclusione della dimensione inferiore, dove si trova il disfacimento, dove si trova l’Ombra individuale e collettiva, il male per il cristianesimo, la morte”.

“Tra i Misteri della Bruna, – continua – ciò che mi ha colpito di più sono i tre giri del Carro sulla Cattedrale, da me letti come spirale labirintica alla stregua del mito di Teseo. Il labirinto al mondo infero, e che i tre giri segnino figurativamente l’inizio di un viaggio in quel mondo è fuori dubbio; un viaggio da compiere nelle oscure profondità, perché è lì che si affronta e si uccide il mostro divoratore della vita. Sono rimasto allibito quando ho scoperto che anche nella Cattedrale di Matera c’è il segno del labirinto: si trova ripetuto otto volte alla base della seconda colonna a sinistra partendo dalla porta maggiore. Quella spirale labirintica appartiene alla colonna a cui aderisce il baldacchino della Madonna della Bruna”.

Il professor Moliterni conclude confidando di essere stato molto combattuto se scrivere o meno un libro divulgativo fino a optare per l’approfondimento. Di testi di fascia medio bassa ce ne sono tantissimi, con il suo – decisamente impegnato e adatto a lettori forti – l’auspicio è che il liceale o l’aspirante antropologo prenda quegli spunti che il volume offre e possa svilupparli: “Vorrei lasciare qualcosa che possa essere ulteriormente approfondito”.

Foto in copertina di Michele Morelli

Rossella Montemurro

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