venerdì, 19 Aprile 2024

Lei le parole le sa usare per dar voce alle emozioni, quelle che noi stessi non riusciamo a esprimere, tutte le sfumature che abbiamo dentro e che spesso nemmeno noi riusciamo a buttare fuori. Chiara Gamberale è così: racconta con una  spontaneità disarmante, con una complessa semplicità che arriva al cuore, ed è sempre una rivelazione.

Lo fa in Come il mare in un bicchiere (Feltrinelli), forse – insieme a Una vita sottile – uno dei suoi libri più ricco di spunti autobiografici. Chiara ripercorre i giorni del lockdown, la Fase 1, scrivendo quanto le capita: poco prima era stata travolta da un ciclone emotivo – la mamma aveva avuto un infarto, proprio lei sempre pronta ad aiutare gli altri adesso si ritrovava fragilissima ad aver bisogno di aiuto – una sua cara amica era stata colpita da un brutto male e doveva iniziare la terapia, lei stessa si era decisa a ricontattare il dottor. R perché stava precipitando nel vortice fatto di notti insonni e ansia che paralizza. L’unica certezza, un punto fermo, sua figlia Vita, nel pieno dei Terrible Two, i terribili due anni, quel periodo dell’infanzia in cui i piccoli scoprono le emozioni con tutta la loro dirompenza. E poi ci sono il Padre di Vita (PdV), che prima del lockdown le raggiungeva a Roma solo nel fine settimana,  Gollum – l’ex marito ormai diventato un fratello, con il suo carico di introspezione – il gruppo di amici degli Animali dell’Arca senza Noè, i ragazzi e le ragazze di VolontAriaMente – volontari e pazienti psichiatrici… Un micromondo che l’annuncio del presidente Conte (il Grande Peppe, così lo chiama Vita), il 9 marzo, anziché blindare contribuisce a rafforzare: telefonate, ricordi, sensazioni per rapporti unici che nella distanza si cementificano invece sgretolarsi.

Il Padre di Vita è costretto a rimanere a Roma: è la prima volta che si prospetta un periodo così lungo da trascorrere insieme. E se Vita è felicissima, stretta tra mamma e papà, Chiara ha i suoi giustificati dubbi: andrà bene? Ce la faremo a resistere in questa convivenza forzata?

Quando il Padre di Vita ha la possibilità di rientrare a Milano, Chiara si inventa ogni giorno nuove attività con la bambina. Diventano Cenerentola, Biancaneve, la Bella e la bestia, fanno lavoretti, giocano con la fantasia… e lei, nel frattempo, diventa consapevole che forse di quel mucchio di medicine che il dottor R. le ha prescritto non ne ha bisogno e decide di non prenderle più. Affrontando, con le sue forze, da sola con Vita, quelle settimane così surreali.

“Eccomi in pena, una pena sincera e profonda, per chi sta troppo bene e per chi sta troppo male. Per chi non è capace di vivere, e senza il peso del Là Fuori si sta dimostrando capacissimo di sopportare questa quarantena, e per chi, come Elisa e Vincent, è capace di vivere, e quindi ora senza il contributo del Là Fuori frana.

Ma quindi dov’è, il confine fra la persona che siamo e la posizione che riusciamo a trovare per stare in questo mondo? E a che cosa ci riferiamo, quando diciamo: io?

A quello che prescinde dal Là Fuori o a quello che lo prevede? Solo domande, nessuna risposta. Come succede se in questi giorni accendi la televisione, leggi un giornale, vai su internet: solo domande, nessuna risposta”.

Dirompente nelle sue riflessioni, delicata con il suo stile tanto che spesso la prosa si trasforma in poesia, Chiara ci mette con le spalle al muro con i suoi ragionamenti: che senso ha, infatti, l’espressione “fuori di testa”? Bisognerebbe semmai affermare che alcune persone, quelle perse nei loro pensieri o nelle loro emozioni esagerate, sono Dentro di Testa. La maggior parte di queste ultime ha reagito in maniera inaspettata alla quarantena: si è pacificata con il malessere, è scesa a patti con i chiaroscuri del proprio animo e, finalmente, ha vissuto.

“(…) senza dubbio quest’obbligo a mantenere la distanza di un metro quantomeno ci ricorda improvvisamente che quella distanza è un potere magico nelle nostre mani.

Siamo noi a stabilirla: mentre prima di questa sciagura forse ce l’eravamo dimenticati, perché è la nostra vita, sempre lei, che rende molto difficile fermarsi e dire a una persona tu per favore stai a un metro e mezzo da me, grazie, tu a sei, tu a tremila: addio, tu invece vieni qui, ho detto qui, ancora più vicino, dai: baciami”.

I proventi di Come il mare in un bicchiere verranno devoluti dall’autrice allo spazio di accoglienza Casa Oz.

Chiara Gamberale è nata nel 1977 a Roma. Nel 1999 ha esordito con Una vita sottile, seguito da Color lucciola (2001), Arrivano i pagliacci (2003), La zona cieca (2008, premio selezione Campiello), Le luci nelle case degli altri (2010), L’amore quando c’era (2012), Quattro etti d’amore, grazie (2013) e Avrò cura di te (2014; con Massimo Gramellini), Qualcosa. È autrice e conduttrice di programmi televisivi e radiofonici come Quarto piano scala a destra su Rai Tre e Io, Chiara e L’Oscuro su Radio Due. Collabora con “La Stampa”, “Vanity Fair” e “Io Donna” del “Corriere della Sera”. Feltrinelli ha pubblicato il romanzo Per dieci minuti (2013; in “Audiolibri” Emons Feltrinelli, 2014; in “Universale Economica”, 2015) e L’isola dell’abbandono (2019).

Rossella Montemurro

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