giovedì, 25 Aprile 2024

“Non avevo padronanza delle mie emozioni. Per la stragrande maggioranza della mia infanzia ho cercato di comportarmi come gli adulti di casa: mi tenevo tutto dentro. Ma non faceva per me.

Ero timidissima, riservata, quindi tacere mi si confaceva. Il punto è che ero ipersensibile. “Sentivo troppo”, come si usa dire: le emozioni mie e quelle degli altri”.

Eccola Francesca Neri come non l’avete mai conosciuta: da piccola vulnerabile alle emozioni, senza pelle perché per lei “era tutto sempre troppo bello o troppo brutto. La sofferenza era devastante; la gioia, pura esaltazione. Le emozioni negative mi soverchiavano, quelle positive mi innalzavano, mi rendevano euforica”.

Alcune ferite inferte da piccola, in primis una madre al limite dell’anaffettività che aveva scambiato l’ipersensibilità della figlia in follia, le rimangono addosso.

“Quando qualcuno mi suscitava emozioni che salivano oltre il livello di guardia, troppo vive, troppo profonde, scappavo oppure lo tradivo. Tradivo per disperazione, che è l’antitesi del tradimento. Una tattica difensiva, ecco cos’era, una barriera che costruivo tra me e lui. Non tradivo perché non amavo più o perché ero attratta da un altro, ma perché “amavo troppo” il fidanzato del momento: convinta che prima o poi lui mi avrebbe ferito, abbandonato o chissà cos’altro, mi provocavo da sola le ferite che, credevo, avrebbe potuto arrecarmi lui. Una forma estrema, ed estremamente contorta, di difesa – o di indipendenza, se vogliamo.”

Un’infanzia segnata da oscillazioni devastanti per una bambina, poi una carriera da attrice costellata di successi. Da Trento a Roma, scoprendo nella recitazione una forma di riscatto e al tempo stesso una valvola di sfogo per le sue emozioni così marcate. Per lei inizia così una corsa a perdifiato verso il prossimo film, il prossimo premio, la prossima sfida, il prossimo red carpet fin quando il suo corpo le impone uno stop improvviso. È la cistite interstiziale cronica, un patologia invalidante che purtroppo influisce negativamente sullo stile di vita di quanti ne soffrono. Per anni Francesca si è chiusa dentro una stanza di casa sua, una chiusura fisica ed emotiva che l’ha obbligata a fare i conti con il suo lato oscuro.

Oggi racconta la sua esperienza a cuore aperto in un libro coraggioso, Come carne viva (Rizzoli), un’autobiografia liberatoria nella quale dopo tanta sofferenza Francesca si sbarazza di quei retaggi che la volevano sempre capace di compiacere tutti.

È stato un percorso spesso tortuoso, il suo, in cui ha però ha avuto accanto il marito, l’attore Claudio Amendola, e il figlio Rocco. L’attrice e produttrice cinematografica non risparmia i momenti più bui, punti che sembravano di non ritorno (l’idea del suicidio) e li narra con pathos, arrivando ad affermare: “Sono una persona nuova, e stranamente più che mai sono la persona di prima – prima di tutto, prima della malattia, prima dei lutti, prima della maternità, prima della passione, prima del cinema, nuda e cruda, appena data alla luce.”

Rossella Montemurro

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