giovedì, 25 Aprile 2024

Sono stati uccisi mentre compivano il proprio dovere di servitori dello Stato. Sono caduti sotto i proiettili dei terroristi di destra e di sinistra che quello Stato volevano sovvertire.

Carabinieri per la democrazia. Storie dei caduti dell’Arma nella lotta al terrorismo (Mondadori, prefazione di Paolo Mieli, introduzione del generale Tullio Del Sette) è il ricordo dei trentasei militari morti in servizio durante il ventennio iniziato negli anni Sessanta, tratteggiato da sette autori – firme di punta di gialli e noir – che ripercorrono in altrettanti capitoli quelle vicende. Uno spaccato di storia che si intreccia con le vite personali di uomini innamorati della divisa, diventati bersaglio di una violenza cieca che, di riflesso, ha avuto inevitabili ripercussioni sugli affetti più cari. Una scia di sangue che ha lasciato orfani, vedove, madri e padri a piangere un figlio.

Ci sono le ricostruzioni storiche ma c’è anche tanta umanità che traspare dalle voci dei familiari, dalle testimonianze raccolte dagli autori – Roberto Riccardi, Andrea Galli, Giovanni Bianconi, Piero Colaprico, Carlo Lucarelli, Massimo Lugli e Valerio Varesi.

La prima vittima, il carabiniere Vittorio Tiralongo, è rievocata dal colonnello dell’Arma Roberto Riccardi. Tiralongo fu ferito a morte da un colpo di fucile a Selva dei Molini, in Alto Adige, nel 1964. L’omicida non è mai stato individuato ma l’arma fu rinvenuta in uno dei covi del gruppo Bas, terroristi sudtirolesi tedeschi che contrastavano la presenza italiana. Era padre di una bambina piccola avuta dalla compagna Franca: “(…) Nel petto ha un macigno, – scrive Riccardi in Morire in Alto Adige – la mancanza di Vittorio che non riesce ad accettare. Nella mente le più nere preoccupazioni: una ragazza di ventun anni, con una figlia così piccola, quale futuro potrà avere?

Qualche giorno dopo, un nuovo tuffo al cuore. Si presenta il postino, ha una lettera. È di Vittorio, reca la data del 3 settembre. L’ha imbucata poche ore prima di morire. Franca apre in fretta la busta, inizia a leggere con gli occhi che già si riempiono di lacrime. Nelle prime righe Vittorio le scrive del pericolo. Ma è solo un accenno, il resto sono frasi d’affetto.

Conclude annunciando che verrà presto, appena possibile, e porterà un regalo per la bambina.

A distanza di tanti anni la sofferenza pesa ancora. «Non sono capace di perdonare. Non l’ho fatto allora e non ci riesco neppure adesso. È stata un’azione crudele e vigliacca, lo hanno colpito a tradimento. Lui non c’entrava niente, non aveva fatto nulla di male»”.

“Vittime lontane nel tempo, alcune cadute prima che io maturassi l’età per indossare l’uniforme, prima che tanti carabinieri oggi in servizio nascessero. – sottolinea nell’introduzione il generale Tullio Del Sette, già comandante generale dell’Arma dei Carabinieri – Eppure nostri fratelli: tutti, nessuno escluso.

Fratelli negli alamari, nel giuramento, negli ideali, nel quotidiano impegno al servizio del Paese.

Padri di famiglia strappati all’affetto dei loro cari, ragazzi a cui è stato negato il futuro quando si erano appena affacciati a scrutarlo, professionisti vicini al congedo che avevano intrapreso il cammino in divisa guadagnandosi medaglie nella guerra di liberazione”.

Rossella Montemurro
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