mercoledì, 24 Aprile 2024

Giuseppe Lupo è uno scrittore che ha fatto del garbo e dell’eleganza stilistica il suo tratto distintivo.

Nei suoi romanzi ci sono trame delicate ed è sempre un piacere leggere perché non hanno estremismi né descrizioni forti ma una finezza che incanta.

Breve storia del mio silenzio (Marsilio) racconta un particolare momento dell’infanzia trascorsa dall’autore ad Atella, quando l’arrivo della sorellina scombussola la quotidianità del bambino. L’“intrusa”, che inevitabilmente cattura le attenzioni di tutti, scatena sul piccolo una reazione inaspettata: diventa afasico, non riesce più a parlare. La comprensibile preoccupazione dei genitori e dei familiari li porta in un pellegrinaggio continuo tra medici, ognuno con la sua particolare ma inefficace cura – l’aria aperta, il mare, dover buttar via  il ciuccetto…

“Ogni frase pareva un ponte sospeso sull’abisso. L’abisso era il silenzio e le parole erano appese al filo che ci penzolava sopra. Parlare era come salire su una funivia agganciata a questo filo: ci si lasca andare nel vuoto e via con le lettere, una dietro l’altra.

Io pensavo a quel che dovevo dire, prendevo fiato e partivo, poi tentennavo. Non mi sentivo pronto a compiere la traversata sull’abisso, La ruggine impediva alla funivia di correre. Mia madre si disperava, mio padre confidava nella pedagogia”.

Il miracolo, invece, lo farà la scrittura e le suggestioni letterarie amorevoli della mamma, maestra come il papà. La loro è una casa che trasuda cultura, in Breve storia del mio silenzio c’è una carrellata di personaggi noti (lucani – Vito Riviello, Sinisgalli, Giuseppe Antonello Leone, Maria Padula – e non) e c’è una spiccata propensione verso la cultura che inevitabilmente si riflette anche sui figli.

Il romanzo è anche uno spaccato delle trasformazioni che hanno interessato la Penisola e la Basilicata in particolare dagli anni Sessanta alla fine del Novecento, comprese alcune delle pagine di cronaca più dolorose, come il terremoto del 1980.

Breve storia del mio silenzio, la continuazione ideale de Gli anni del nostro incanto (Marsilio), ha un’incredibile carica emozionale. Le ultime pagine sono un omaggio a Cesare De Michelis, editore prematuramente scomparso, molto stimato da Lupo.

Giuseppe Lupo è nato in Lucania (Atella, 1963) e vive in Lombardia, dove insegna letteratura italiana contemporanea presso l’Università Cattolica di Milano e Brescia. Per Marsilio, dopo l’esordio con L’americano di Celenne (2000; Premio Giuseppe Berto, Premio Mondello), ha pubblicato Ballo ad Agropinto (2004), La carovana Zanardelli (2008), L’ultima sposa di Palmira (2011; Premio Selezione Campiello, Premio Vittorini), Viaggiatori di nuvole (2013; Premio Giuseppe Dessì), Atlante immaginario (2014), L’albero di stanze (2015; Premio Alassio-Centolibri) e Gli anni del nostro incanto (2017; Premio Viareggio Rèpaci). È autore di numerosi saggi e collabora alle pagine culturali del Sole 24 Ore e di Avvenire.
Rossella Montemurro
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