sabato, 20 Aprile 2024

«È molto semplice: restate tutti a casa». Questo anonimo slogan è stato in grado di contagiare un’intera città. Le strade sono vuote. La paralisi si diffonde. Quasi nessuno andrà a lavorare. Trasporti, negozi e fabbriche cessano le attività. Una rivolta collettiva sembra possibile senza spargimento di sangue. Narrato con la forza e l’astuzia di una delle voci principali della letteratura catalana del ventesimo secolo, Atto di violenza (Paginaotto, traduzione Beatrice Parisi con il sostegno dell’Institut Ramon Llull) di  Manuel de Pedrolo  ci pone di fronte a un potente interrogativo: cosa accadrebbe se sommassimo le forze in uno sciopero collettivo e indefinito?
La risposta è  uno dei libri più rappresentativi e celebri di Manuel de Pedrolo. Un romanzo in cui l’autore ci parla di resistenza e oppressione, di disobbedienza civile, di scioperi e conflitti, nonché di solidarietà e di impegno sociale. Un autentico classico scritto in pieno franchismo, vincitore della prima edizione del premio Prudenci Bertrana. Censurato fino alla morte del dittatore, Atto di violenza continua a essere un romanzo di terribile attualità. Come molte altre opere di Manuel de Pedrolo, anche Atto di violenza, terminato nel 1961, non passa al vaglio della censura franchista. Presentato col titolo Esberlem els murs de vidre (Abbiamo rotto le pareti di vetro), viene respinto una prima volta nel 1963, poi nel 1965 e ancora nel 1968, benché vincitore del premio Prudenci Bertrana con il titolo Esta d’excepció (Questa è un’eccezione).

Manuel de Pedrolo (L’Aranyó, Segarra, 1918 – Barcellona, 1990) è uno degli scrittori più illustri della letteratura catalana del XX secolo. Narratore, drammaturgo, saggista, poeta e traduttore, de Pedrolo ha coltivato tutti i generi letterari e ha collaborato con le maggiori riviste letterarie catalane. Traduttore verso il catalano di Dos Passos, Faulkner e Sartre, ha diretto la collana di romanzi neri La cua de palla di Edicions 62. La sua prolifica produzione oltrepassa il centinaio di opere con romanzi di grande rilievo come, Totes las bèsties de càrrega, Milions d’ampolles buides, Joc brut, il ciclo Temps Obert o Mecanoscrit del segon origen, il libro più tradotto della letteratura catalana. Tutto lo interessava, tutto serviva per spiegare il suo pensiero e per creare nuovi mondi che ritraggono una società complessa e repressa – politicamente, sessualmente, socialmente. Numerosi i premi e i riconoscimenti ottenuti durante la sua carriera tra i quali il Premi d’Honor de les Lletres Catalanes. Fermo e costante è stato il suo impegno politico per le libertà sociali e nazionali del suo popolo.
Cambiare titolo era una strategia rivolta ai funzionari istituzionali, che in certi casi risultava vincente. Il Ministero impartiva istruzioni precise su ciò che doveva essere censurato, includendo ogni opinione politica discordante, ogni visione non conforme a quella tradizionale della morale, della religione e della famiglia. Oltre a questo la censura di regime prestava una particolare attenzione alle opere scritte in catalano, dalle quali si doveva eliminare ogni allusione all’identità nazionale e al catalanismo, e non permetteva di fare riferimento alla storia e alla società contemporanea della Catalogna, di cui invece Atto di violenza è molto rappresentativo. Alla morte di Franco, nel 1975, la casa editrice Edicions 62 pubblicò finalmente Acte de violència. Da tempo fuori catalogo, Acte de violència è stato ristampato nel 2016 da Sembra Llibres.

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